venerdì 19 marzo 2010


CAPITOLO III
Una Visione Inaspettata


Ellie, a questo punto, non se lo fece ripetere due volte. Si lasciò condurre su per le scale e poi lungo i corridoi del secondo piano fino al bagno. La stanza in cui fu introdotta era costituita da due ambienti distinti, collegati tra loro da una porta scorrevole composta da vari pannelli di vetro opaco, le cui tonlità adavano dal'indaco intenso dell'imbrunire al rosa brillante dell'aurora. Un grazioso vano anti-bagno, in cui erano disposti più che altro armadi e scalaffali di varie dimensioni, era infatti separato, tramite questo divisorio colorato, dal bagno vero e proprio. Questo secondo locale era decisamente più spazioso del primo e spiccava per la sua raffinata e ricercata eleganza. Sulla sinistra faceva bella mostra di se una enorme vasca ad angolo incassata nel pavimento e delimitata da un paio di scalini; sulla destra, invece, una specchiera decorata con deliziosi motivi floreali percorreva gran parte della parete risaltando vistosamente all'occhio.
Lo sguardo di Ellie corse dall'una all'atra per poi soffermarsi sul vivace color pervinca della greca che ornava le pareti e che richiamava la stessa tonalità pastello del pavimento. Christian, rimasto a pochi passi da lei, osservava incuriosito la genuina reazione di stupore della ragazza che, rapita dalla bellezza dell'ambiente che la circondava, non si era minimamente accorta che lui la fissava sorridendo con indulgenza.

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Bene - esordì improvvisamente, riportando in questo modo l'attenzione della ragazza sulla sua persona - Gli asciugamani stanno lì, impilati dietro quello sportello. Fa pure con comodo... io, intanto, cerco di procurarti dei vestiti asciutti -
Così dicendo quindi si congendò e uscì dal bagno chiudendosi alle spalle solo la porta più esterna. Probabilmente se non l'avesse richiamata alla realtà sarebbe rimasta ore intere a guardarsi attorno. Non che ci fosse nulla di male, quello per lei doveva essere un mondo completamente nuovo, ma era necessario che egli si informasse circa l'accaduto. Brancolava nel buio e il senso di impotenza gravava su di lui come un macigno. Certo, avrebbe potuto anche interrogarla subito, e poi fornirle tutte le cure e le attenzioni di cui necessitava ma aveva ritenuto più opportuno che la ragazza si rinfrescasse e indossasse abiti puliti prima di subissarla di domande. La sua indole altruista e nel contempo volitiva e il suo temperamento audace ed impetuoso gli imponevano un certo comportamento al quale, per quanto il suo buonsenso gli suggerisse tutt'altra condotta, non poteva sottrarsi. Doveva e voleva aiutarla anche se, questo almeno doveva ammetterlo, le circostanze erano piuttosto strane, lei stessa era strana a dire il vero... e c'era qualcosa di ambiguo, di insolito che lui non riusciva a spiegarsi... un dettaglio o due che gli erano subito balzati alla mente ma che poi, così come erano sovvenuti, così erano nuovamente spariti nei bui labirinti della memoria.

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Rimasta sola, la ragazza si spogliò degli abiti sudici e si immerse nell'acqua tiepida. Un abbraccio caldo l'avvolse gradatamente mentre una soffice schiuma dalla sensuale fragranza orientale prese a lambirle la pelle carezzandola dolcemente. Ellie reclinò pigramente il capo all'indietro e socchiuse gli occhi cercando di rilassarsi. Ma i suoi pensieri vagavano verso un unica direzione e la rendevano troppo inquieta ed agitata per riuscire a lasciarsi andare alle coccole che il bagno caldo le offriva. Ancora non poteva crederci... non ci riusciva... lei era lì a pochi passi da lui... e Dio solo sa, quanto aveva desiderato di trovarsi coinvolta in una situazione del genere... quante volte aveva fantasticato... quanti gesti aveva provato e quante battute aveva recitato vagheggiando lontane chimere ed ora, ora che davvero stava vivendo ciò che aveva anelato disperatamente da oltre dieci anni... ora non sapeva come comportarsi, si sentiva così inadeguata, così fuori luogo da non riuscire nemmeno ad articolare frasi sensate.
In lontananza risuonava insistentemente il latrare di cani ed Ellie, ridestatasi bruscamente dai suoi pensieri, si accinse a risciacquarsi. Si era trastullata abbastanza. Il Signor Cavendish... o meglio... Christian, così le aveva chiesto di chiamarlo, era stato molto gentile con lei e non era certo opportuno abusare della sua ospitalità e disponibilità. Ripensando poi alle parole che lui le aveva detto, alla loro intonazione e all'espressione del suo viso, Ellie sorrise per il privilegio cui le era stato fatto dono. Si stiracchiò e aprì il rubinetto. Ma quando l'acqua calda prese a scorrerle lungo il corpo, il suo scivolare carezzevole le ricordò il tocco deciso e allo stesso tempo delicato di lui. Un fremito l'avvolse, il cuore prese a palpitarle forte, appoggiò la schiena contro le mattonelle umide di vapore e si sfiorò il braccio arrossendo. Si vergognò quasi subito della sua debolezza nonostante sapesse perfettamente che non poteva trattenersi dall'emozionarsi. Lei era fatta così, era dotata di una sensibilità profonda che la portava a commuoversi per un nonnulla o a lasciarsi sopraffare anche dalle più piccole trepidazioni. Le venne spontaneo domandarsi come avrebbe reagito se l'avesse abbracciata... poi uno scricchiolio inaspettato e non identificato la esortò a non gingillarsi oltre.

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Christian nel frattempo aveva raggiunto la sua camera da letto, e dopo aver rovistato in due o tre cassetti ne aveva tratto una camicia che non metteva più e un pantalone di una tuta che non ricordava di possedere. Dopo averci pensato su qualche istante prese anche una felpa e dei calzettoni di lana.
Non sono un granchè ma almeno non le faranno sentire freddo...” pensò rigirandoseli tra le mani mentre meccanicamente ritornava verso il bagno. Fece per girare la maniglia, ma l'azione non fu necessaria perché il battente era semplicemente accostato.
- Strano... - mormorò tra se meditabondo – Ero sicuro d'averla chiusa... - scrollò le spalle, non era una cosa poi tanto rilevante, evidentemente non l'aveva agganciata come supponeva . Aprì quindi l'uscio, e senza speculare oltre entrò. Posò gli abiti che aveva portato alla ragazza su una mensola e quando si volse in direzione del bagno per avvisarla della sua presenza le parole gli morirono in gola. La seconda porta era socchiusa e dallo spiraglio era nettamente visibile l'immagine discinta di Ellie, che, uscita dalla vasca, stava ora asciugandosi. Da quella posizione, Christian, poteva osservarla indisturbato perché ciò che vedeva non era che l'immagine della giovane riflessa nello specchio, mentre lei, al contrario, dalla sua angolazione non poteva accorgersi della presenza dell'altro. Per un interminabile istante egli, completamente inebetito dalla fortuita visione di cui era involontario spettatore, rimase con gli occhi incollati alla graziosa figuretta; con tutto quel trambusto non aveva avuto tempo materiale per accorgersi di quanto fosse bella la sconosciuta che aveva accolto in casa sua. L'incarnato avorio metteva in risalto la folta chioma dorata che ora ricadeva lucida sulle spalle nude. Il fisico della giovane era tornito ma allo stesso tempo flessuoso e ben proporzionato. Notò che non era molto alta, ma che, nel suo piccolo, era fatta davvero bene. Quella scena improvvisa e accidentale per un attimo gli procurò una leggera vertigine. Quasi senza rendersene conto si mosse per sorreggersi, ma disgraziatamente, allungando la mano in cerca di un appiglio urtò la porta con il gomito e questa, che era rimasta aperta, si richiuse con un tonfo secco.
Ellie, udito lo scatto, si avvolse istintivamente e piuttosto goffamente nel morbido telo di spugna. Imbarazzata prese a stringerselo con veemenza intorno al corpo, alzò il capo in direzione della vetrata e attese che il suo benefattore l'ammonisse per aver tergiversato troppo. Si sentiva mortificata e temeva di aver approfittato della sua cortesia. Ignorava però che questa era l'ultima cosa a cui Christian stava pensando in quel momento. Egli, infatti, impacciato e confuso per essere stato colto in flagrante a violare l'intimità della sua ospite, si scervellava nel tentativo di trovare le parole adatte a giustificare quella sua mancanza di tatto del tutto involontaria. Notando però che i secondi passavano e il velo di imbarazzato silenzio che era calato stava facendosi sempre più spesso, gridò - Ti ho portato i vestiti asciutti. Te li lascio di qua. Quando sei pronta raggiungimi sotto... - e senza attendere che la ragazza rispondesse uscì rapidamente dalla stanza. 

martedì 9 marzo 2010


ESTRATTO II
- Alexis -
L'uomo si tirò su a sedere senza far caso alla donna che dormiva al suo fianco. Si alzò, e, con passo leggero, si diresse verso l'unica grande finestra della stanza, scostò appena uno dei pesanti drappeggi di velluto verde, e lasciò che l'aria gelata della notte gli accarezzasse la pelle nuda. I raggi argentati della luna, alta e vaporosa nel cielo nero, si fondevano col biondo pallido della sua lunga chioma conferendo alla figura austera e fiera del Mangiamorte, un alone etereo e impalpabile. I suoi pensieri volavano lontani, abbracciati a ricordi di morte mai sopiti mentre il suo sguardo triste si perdeva oltre l'orizzonte ignoto e irragiungibile davanti a sé. Nella mano, che a tratti si portava al petto e al viso, stringeva un nastro di raso bianco nella cui estremità destra era ricamata, con grafia sottile e graziosa, un'iniziale che non era la sua.
“Alexis...” chiamò la ragazza che fino a poco prima aveva giaciuto nel letto insieme a lui “Vieni a dormire... prenderai freddo...”
“Vattene” fu invece la sua risposta, secca e sgarbata.
La donna si alzò di scatto, si coprì in modo improvvisato con un lenzuolo e raggiunse il suo compagno che, al contrario, era rimasto immobile e continuava imperterrito a voltarle le spalle.
“Me ne devo andare?” domandò sbigottita e atterrita la giovane “Non capisco...”
“Ho detto vattene.” ripetè l'altro senza muovere un sol muscolo, la voce ferma e decisa “Prendi i tuoi stracci, esci da questa stanza e vattene.”
“Ma...” la ragazza non sapeva come ribattere e non si capacitava dell'improvviso e quanto mai assurdo cambio d'umore di lui. Le era parso che tutto fosse andato per il meglio, lui aveva risposto in modo positivo ai suoi ammiccamenti, era stato gentile, l'aveva invitata da lui, avevano bevuto e mangiato qualcosa e poi trascorso un dopo cena intenso ed estremamente piccante. Ed ora perchè questo? Perchè la scacciava in quel modo?
“Non mi hai sentito per caso? O forse non sono stato sufficientemente chiaro?” tuonò l'uomo voltando appena il viso verso di lei “Ti ho detto d'andartene e la mia non è una richiesta, è un ordine!”
Sempre più incredula la donna strabuzzò gli occhi, poi anziché ubbidire passò direttamente all'attacco.
“Ma perchè? Prima spiegami perchè? Che cos'ho fatto?” dall'essere esterefatta ormai era passata di netto a un sentimento di rabbia crescente.
“Non ti devo spiegazioni.” Alexis dal canto suo era irremovibile.
“Non mi devi spiegazioni?” gli fece eco lei indignata “Ho dormito con te e non mi devi spiegazioni? Sei pazzo o cosa?”
“Sei una strega vero?” chiese lui d'improvviso senza che la cosa avesse apparentemente una conessione con quanto stava accadendo.
“Certo che lo sono!” annuì furiosa la ragazza ed era talmente arrabbiata che nel farsi avanti incespicò nel lungo scampolo di stoffa che copriva le sue nudità “Ma mi spieghi questo cosa diavolo c'entra? Se ero babbana cambiava qualcosa per caso?”
“Se fossi stata una babbana saresti già morta.” disse l'altro con noncuranza “Non avrei mai giaciuto con te e t'avrei uccisa senza neppure darti il tempo di renderti conto di quello che ti stava succedendo.”
“Ma cosa... cosa...” la giovane scosse il capo, interdetta, le labbra dischiuse tremavano appena “Cosa c'entra questo? Cosa ha a che fare col fatto che vuoi che me ne vada?”
“Dannazione donna, quanto accidenti parli” sbottò irritato il Mangiamorte “Ringrazia che sei viva e togliti dalle scatole.”
“No, io non me ne vado.” insistè l'altra rimanendo ben ferma nella sua posizione.
“Vai via... o giuro che se non lo fai sulle tue gambe, ti butto fuori di peso...” soffiò Alexis ormai prossimo a perder le staffe ma la ragazza non si mosse d'un millimetro.
A questo punto l'uomo, esausto ed esasperato dall'insistenza di lei, si girò di scatto. La sua figura alta e snella si stagliava contro il buio alle sue spalle mentre il bagliore latteo della luna faceva scintillare d'argento i suoi contorni. I lunghi capelli biondi ricadevano morbidi lungo schiena e la fresca brezza notturna li scompigliava leggermente dando, da quall'angolazione scura, l'impressione che anziché uomo fosse un drago marino appena uscito dalle profonde acque di un lago scosso dalla tempesta. Senza parlare afferrò gli abiti della ragazza, si avvicinò a lei e glieli gettò.
“Vattene.” le intimò per l'ennesima volta “Sono stufo di ripetertelo... la prossima volta non parlerò, agirò e basta.”
“E' una minaccia?” domandò la donna incrociando le braccia e alzando il mento in segno di sfida.
“E' un avvertimento...” sibilò l'altro in risposta.
“Bene” esordì lei chinandosi e afferrando gli abiti che il Mangiamorte le aveva tirato poco prima “Vorrà dire che andrò da Yvel... sono certa che sarà mille volte più uomo di te!”
A sentir quest'ultima affermazione Alexis rise, e rise davvero di gusto. La giovane probabilmente aveva creduto di poter trarre vantaggio dall'antagonismo che c'era tra i due fratelli instillando in quello che lei desiderava il seme della gelosia. Ma purtroppo per lei aveva fatto leva sul fratello sbagliato, e per giunta nel modo peggiore.
“Yvel eh?” ghignò il biondo “Dio santo, voi donne siete proprio stupide... e non è una leggenda metropolitana, lo siete sul serio!”
L'altra offesa per lo sberleffo ricevuto, s'adirò ancora di più e si mise a urlare. “Stupida? Così io sarei stupida? Oh, lo sono di certo se perdo tempo con uno zotico idiota come te!”
Alexis rise ancora “Hai cercato di farmi ingelosire...”
“E con questo?”
“Sei appena stata con me e dopo nemmeno venti minuti mi vieni a dire che vai da Yvel... quanto credi che possa ritenerti seria eh?” ma prima che la giovane potesse ribattere, lui riprese quanto stava dicendo e lo fece con un tono diverso, non più divertito, bensì freddo, distaccato “Quanto credi possa interessarmi una con cui riesco a fare subito tutto quello che voglio? Una che si dà al primo che arriva senza riserve...”
La ragazza cercò in tutti i modi di trattenere le lacrime ma le cose che lui le aveva detto erano davvero troppo dure, troppo cattive e i suoi occhi, nonostante lo sforzo, si fecero ben presto lucidi.
“Oh, non provarci neppure!” puntualizzò Alexis accorgendosi, alzò un braccio a indicare il volto di lei “Questa è un'altra cosa che con me non funziona, dimostra solo che sei una donna debole.”
“Cosa stai stringendo in mano?” chiese d'un tratto la giovane, la cui attenzione venne distolta dalla mano di lui stretta a pugno.
“Non è cosa che ti riguardi!” ribattè lui deciso scostando il braccio mentre lei cercava d'afferrarglielo.
“Dammelo!” ordinò lei, senza pensare che la sua era davvero una richiesta tanto inopportuna quanto sciocca. Era solo il piacere di una notte per lui, non la compagna di vita, e simili intime prerogative non le spettavano di certo. Alexis, infatti, per tutta risposta gettò il suo piccolo tesoro per terra, poi allontanò da sé la giovane con un gesto secco e senza troppi complimenti.
“Vattene” insistè per l'ennesima volta “Se mi ripeto ancora, finisce davvero male per te stanotte...” la sua voce era divenuta suadente, ma lo sguardo mefitico tradiva le sue vere intenzioni.
Così quando lei, nuovamente non accennò a lasciare la stanza, lui, senza smettere di sorridere in quel suo modo così accattivante e sinistro, le si avvicinò, tanto da sfiorarle le guance con le labbra, tanto da poter sentire il suo respiro caldo battergli sul collo. Lasciò che le sue mani le scivolassero languide sul corpo, e credendo che lui avesse cambiato idea, si lasciò stringere e prendere in braccio senza opporre alcune resistenza. Ma il Mangiamorte aveva ben altro in mente che riprendere quanto avevano fatto prima che lui s'alzasse dal letto, e nonostante lei gemesse sommessamente per il contatto e lo baciasse con dolcezza, lui, anziché recarsi al suo talamo, si diresse verso la porta. Sempre ignorando i veri propositi dell'uomo, la ragazza non s'accorse minimamente di quanto stava per succedere per cui, quando lui la depositò rudemente fuori dell'usciò tirandole appresso i suoi indumenti, lei si ritrovò a rovinare al suolo senza neppure rendersene conto. A nulla servirono imprecazioni, calci e urla contro il battente chiuso perchè Alexis, non solo aveva bloccato ben bene con un incantesimo la serratura, ma se n'era pure andato, smaterializzandosi nel nulla dopo aver raccolto e ripreso ciò che gli era tanto caro e che prima, per forza maggiore, aveva dovuto allontanare da sé.


ESTRATTO I 
- YVEL -

L'uomo si girò piano nel letto ignorando del tutto la donna che, distesa accanto a lui, cercava in ogni modo di attrarre la sua attenzione. Non era la prima volta che dormivano insieme ma quella notte Yvel era più strano e scontroso del solito. Sembrava infatti che non gradisse d'esser toccato e che rifuggisse ogni tipo di contatto. S'era voltato di spalle per dissauderla, ma quando lei, sempre più intraprendente, lasciò scendere le mani dal petto all'inguine, lui sbottò scansandola bruscamente con un movimento rapido e decisamente poco delicato del braccio.
E mollami, dannazione!” sibilò infastidito.
Ma che ti prende?” chiese lei, che s'era ritirata di scatto, spaventata e disorientata per l'improvvisa reazione violenta, e inopportuna, di lui.
Non ho voglia, lasciami in pace” rispose rimanendo voltato “Anzi, fammi la cortesia, vattene proprio” soggiunse dopo qualche secondo ripensandoci.
Yvel...” sospirò la ragazza tirandosi le lenzuola fin sotto il mento “Non puoi far così ogni volta... pima mi cerchi poi mi respingi... stò iniziando seriamente a stancarmi di questi tuoi continui cambi d'umore.”
Non mi va di fare conversazione, non mi va di ripetermi altre mille volte. Vattene e togliti dai piedi.” ribattè infastidito.
“Non sono un oggetto” protestò la donna “Non puoi decidere di prendermi quando meglio t'aggrada e poi buttarmi quando non ti va più.”
Il Mangiamorte, seccato, si limitò a sbuffare sonoramente, continuava a darle le spalle e pareva ben deciso a non girarsi.
E' per lei vero? Continui a pensare a lei... mi desideri perchè le assomiglio, o forse perchè te la ricordo solamente, poi t'accorgi che non sono lei e mi mandi via...” il tono della donna inizialmente comprensivo e a tratti dolce s'era fatto duro e freddo. Per quanto lo biasimasse, il fatto che tra loro ci fosse sempre e comunque l'ombra di Elinor, lei proprio non riusciva più a tollerarlo. O almeno era questo che voleva fargli credere.
Va al diavolo!” imprecò l'altro per tutta risposta “Non sei neppure degna di nominarla, la mia Elinor”
La giovane rise. Avrebbe voluto che questo apparisse come un gesto disinvolto, carico di sarcasmo, e che sottolineasse quanto poco la cosa la toccasse, ma purtroppo la sua risata risuonò stridula e nervosa mettendo in evidenza quanto in realtà fosse tesa e quanto il discorso la disturbasse. Ma non si tirò indietro e, senza rifletterci troppo, affrontò la discussione, che lei stessa aveva innescato, di petto.
La tua Elinor?” gli fece eco ironicamente, o almeno così sperò che sembrasse “Non è mai stata tua, non c'è stato mai nulla fra voi”
Le parole arrivarono a Yvel come pugnalate a sangue freddo, all'udirle si tirò indietro come fosse stato colpito e scottatto da brace rovente, poi s'alzò allontanandosi di più da quella che, per lui, poteva definirsi più una vecchia amica che una vera e propria compagna. S'erano conosciuti quando Elinor era ancora viva, e Cosette, francese anch'ella d'origini, era la sua dama di compagnia, la sua ancella, la sua confidente. E fu anche quella che probabilmente ne causò la prematura dipartita, solo che lui non lo sapeva e lei stava ben attenta a non farne mai parola. Alexis invece lo sospettava, l'aveva affrontata, ma la cosa era servita a poco dati i rapporti decisamente poco felici che correvano tra i due fratelli. Ovviamente, per quanto Alexis avesse insistito, Yvel non gli aveva mai creduto. Elinor era morta precipitando dalla finestra della sua stanza e per quel che ne sapeva lui, anzi per quel che Yvel voleva credere, era stato Alexis ad ucciderla, a gettarla di sotto. Ed Elinor era la seconda donna che lui vedeva morire, la seconda donna che gli veniva strappata di mano e che lui non era riuscito nè a proteggere né a salvare. La prima fu sua madre, lapidata dalla gente del villaggio in cui vivevano. Buona d'animo com'era, aveva tentato d'aiutarli, di metterli in guardia, e loro l'avevano ripagata così, uccidendola a sassate. Aveva pronosticato loro un'imminete tragedia, ma questi, gretti e bigotti, non le avevano creduto e quando veramente i corpi di due bambini vennero rinvenuti privi di vita lungo le sponde del fiume, lei ne fu ritenuta responsabile. E Yvel, quando ciò accadde era troppo piccolo, non aveva né le forze nè le capacità per intervenire in difesa della madre e suo padre non c'era, non era lì con loro e non li avrebbe aiutati neppure quella volta. Da che era al mondo, per Yvel era sempre stato così. Suo padre fu per lui una figura inesistente, aveva messo incinta sua madre e se ne era andato, poi s'era fatto un'altra famiglia, o meglio, aveva sedotto un'altra donna da cui aveva avuto un'altro figlio, Alexis, e subito dopo aveva abbandonato anche lei.

Il tuo è ed è stato un amore a senso unico, lei non ti voleva, non ti ha mai voluto e lo sai benissimo!” riprese la ragazza imperterrita.
Sta zitta...” la voce di lui uscì roca, spezzata.
E insisti! Tu hai un'idea totalmente distorta di Elinor, non era affatto quella che tu credevi!”
Smettila, non sai quello che stai dicendo... non infangare il suo nome” la rabbia che stava rapidamente crescendo in lui era sul punto di prendere il sopravvento. Cosette stava giocando col fuoco, lo sapeva e la cosa la divertiva. Ormai lo conosceva piuttosto bene ed era ben conscia di quanto in là potesse spingersi prima che lui perdesse del tutto il controllo di sé.
Si che lo so, io la conoscevo bene invece, si confidava con me e non era di te che mi parlava, non c'eri tu nei suoi pensieri! Non era te che bramava, non era te che cercava! Era Alexis, lei ha sempre voluto solo ed esclusivamente lui!” continuò ignorando le parole di Yvel.
Basta...” il tono s'era abbassato notevolmente, non sembrava neppure più umano, ma più simile al soffio di un drago furioso “Non voglio sentire” e a sottolineare quanto aveva appena detto abbattè con foga un pugno contro l'anta dell'armadio di fronte a lui, sfondandola.
No, accidenti, aprile queste dannate orecchie!” Cosette urlava mentre lui ora parzialmente di lato rispetto a lei, stringeva convulsamente un pugno mentre l'altro braccio, teso, affondava sanguinante tra le schegge di legno ”Perchè tu non sai nulla di lei, l'hai sempre idolatrata credendola una santa, la purezza fatta donna, ma non era innocente, non lo era affatto!”
Falla finita maledizione ... non parlare di lei in questo modo, non azzardarti...” e anche l'altro pugno andò a infrangersi nel malcapitato mobile, ora quasi completamente a pezzi.
No, non la faccio finita! Tu piuttosto vedi di darci un taglio con questa lagna! Lei era gentile con te solo perchè le facevi comodo, eri solo un modo per avvicinarsi ad Alexis! Lei sapeva perfettamente quello che provavi, ma non gliene fregava nulla, ti compativa probabilmente, ma poiché le tornavi parecchio utile, stava al gioco!” la giovane ormai era un fiume in piena e investiva Yvel senza pietà “Possibile che non ci arrivi? Possibile che non l'hai mai capito? O semplicemente ti fa più comodo il contrario? Una misera vittoria immaginaria contro Alexis...”
L'uomo stavolta non rispose, teneva il busto leggermente piegato in avanti, rititrò i pugni dalle assi di legno spezzate, li strinse ancora, e ignorando il dolore e le ferite si scagliò nuovamente contro il povero armadio, distruggendolo del tutto. Neppure s'era reso conto d'averlo raso al suolo, respirava affannosamente e tremava, e le vene sul collo e sulle tempie erano così in rilievo da far temere che potessero esplodere da un momento all'altro. La mandibola serrata e le labbra parzialmente arricciate infine gli conferivano l'aspetto di una belva feroce, pronta ad attaccare.
Mentre tu la cantavi e la desideravi” insistè senza badare all'ira che sempre più rapidamente prendeva possesso dll'uomo “Lei se la spassava allegramente con tuo fratello! Quella notte era andata da lui per quello ed è morta solo perchè i loro giochini s'erano spinti troppo oltre! Era una donna disgustosa, dissolut...”
Fu troppo. Questa volta, sembrava, che avesse davvero esagerato. Cosette non ebbe neppure il tempo di terminare la frase, nella frazione di un secondo Yvel le fu addosso.
Taci maledetta!” sibilò “O giuro che t'uccido senza pensarci due volte” era sopra di lei, le mani avvolte a mò di avvertimento intorno al candido collo della ragazza, la bocca a un centimetro dalla sua. Ma Cosette, tutt'altro che spaventata, sogghignò.
Mi uccidi? E con cosa? Sei nudo come un verme e la tua bacchetta è ben riposta nel fodero sotto al mantello”
Mi bastano le mani per farti tacere una volta per tutte, dannata sgualdrina!” e così dicendo strinse più forte, e lei, anziché divincolarsi gemette e si inarcò sotto di lui, come se la cosa le provocasse un enorme piacere. Al chè Yvel, se in un primo momento fu tentato di farla fuori davvero a mani nude, a quel modo di lei di rispondere alla violenza che lui le stava infliggendo, s'allontano bruscamente.
Ringrazia che sei una strega...” fu tutto quello che riuscì a dire tirandosi indietro.
Perchè, se ero babbana avresti stretto di più?”
No... t'avrei ammazzata nel momento stesso in cui t'avevo vista la prima volta”
Buffo, Alexis ha risposto più o meno la stessa cosa...” osservò curiosa la donna.
Alexis?” Yvel pareva confuso “Lui uccide per diletto, io per vendetta, dovresti saperlo... cosa c'entra questo con...” s'interruppe e tutto gli fu improvvisamente chiaro, o almeno così lui credeva “Sei andata con lui?”
Ovvio che no, avrei voluto in realtà...” sorrise maliziosamente “Ma lui m'ha respinta. A quanto pare anche lui è ancora tormentato dal fantasma di Elinor... doveva saperci proprio fare se il Re dei Ghiacci in persona ce l'ha ancora in testa dopo tutto questo tempo...”
Lui non c'entra nulla con lei” ribatte acido Yvel.
Se proprio cocciuto eh? Proprio non vuoi capire che erano amanti...”
Nuovamente lui le fu sopra “NON-E'-VERO” urlò carico d'odio.
Lo erano eccome invece, e lei doveva essere proprio in gamba a letto se lui, a distanza di anni, a stento si lascia toccare da altre donne. Lo conosci no? E sai bene com'è con le donne...”
Vuoi proprio morire stanotte...” mormorò afferrandola per i capelli mentre l'altra mano di nuovo le prese la gola, ma questa volta senza stringere. Cosette però non riuscì a trattenere un gridolino di dolore, ma sorrise, sorrise anche se lui le stava facendo visibilmente male.
e' te che voglio, e se non posso andrò a consolarmi con tuo fratello...” soffiò con un filo di voce.
Non andrai... ti ha respinta una volta, lo farà ancora...”
Oh, vorresti davvero che lo facesse eh? Ma sai bene che prima o poi lui... lui deve averle tutte, è fatto così no?”
Tu no, non andrai, non ti avrà...” la presa di lui s'allentò.
E se mi avesse già avuta?” lo provocò
Allora stanotte avrai ben chiara, ancora una volta, la differenza che c'è tra me e lui...”
Non mi pare tu stia facendo molto per mostrarmela, questa differenza...” fece per alzarsi ma il bacio di Yvel la bloccò prima che lei potesse fare alcunchè. Soddisfatta, si lasciò placidamente travolgere dagli attacchi di passione rabbiosa e fremente di lui che, tutt'altro che contento, la prese con foga e senza riguardo. Non era amore quello di Yvel ovviamente, ma a lei andava bene lo stesso.

E così Cosette riuscì nel suo perfido e alquanto strano intento. Sapeva benissimo come muoversi con Yvel, sapeva esattamente come prenderlo, come farlo suo. L'unico modo per far sì che lui si lasciasse andare e si desse a lei senza remore, era quello di farlo prima arrabbiare, portandolo quasi al limite, e poi ingelosire, una tattica che aveva sperimentato anche con Alexis e che invece si rivelò tutt'altro che fruttuosa poiché quest'ultimo, senza troppe cerimonie, l'aveva buttata fuori della porta. Letteralmente.

Yvel e Alexis due fratelli fisicamente molto diversi e diametralmente opposti come carattere. Impulsivo e iroso il primo, freddo e distaccato il secondo. Stesso padre, madri differenti. Generosa e di buon cuore quella di Yvel, superba e calcolatrice quella di Alexis. Entrambi avevano preso buona parte di sé stessi dalle rispettive madri, sia nell'aspetto sia nel modo di porsi. Del padre invece avevano preso solo gli occhi chiari, profondi e seducenti. La discendenza magica era propria di tutti e due, da secoli, sia da parte di madre sia da parte di padre. L'essere Mangiamorte, poi, si radicò in loro per motivi, ancora una volta, diversi. Quello che invece provocò in loro un profondo cambiamento, fu una causa comune, e si manifestò migliorandone uno e peggiorando radicalmente l'altro. Se Yvel, infatti, era divenuto un Mangiamorte lo doveva esclusivamente alle tristi vicessitudini della sua infanzia e successivamente della sua adoloscenza. Gli avvenimenti crudeli che si erano susseguiti negli anni, l'avevano man mano trascinato in un baratro di disperazione e solitudine, trasformando lentamente un uomo buono in un essere vuoto guidato solo da sentimenti d'odio e di rancore, un uomo rabbioso, assetato di vendetta e in costante lotta col mondo. Alexis, pur essendo anche lui totalmente privo e incapace di sentimenti positivi, era di tutt'altra pasta, o comunque mostrava il suo disgusto per gli esseri umani in modo differente, meno impetuoso e più sottile. Aristocratico di nascita, aveva sempre vissuto negli agi e nelle ricchezze, non aveva mai faticato e, in un modo o nell'altro, aveva sempre ottenuto ciò che voleva. Vanesio, capriccioso, altezzoso e incredibilmente arrogante, si è sempre ritenuto un gradino sopra gli altri comportandosi spesso male, usando la gente per i suoi scopi e infischiandosene completamente della sensibilità altrui. Alexis quindi Mangiamorte lui lo divenne più che altro per sfizio, per la semplice senzazione di potere e superiorità che la cosa suscitava in quelli che lui riteneva inferiori e per l'ebbrezza che gli procurava uccidere chi lo intralciava o chi semplicemente non gradiva. Yvel al contrario non nacque da una ricca ereditiera bulgara, ma da una donna francese d'umilissime origini e crebbe in un piccolo villaggio, di quelli all'antica dove la gente è bigotta e pettegola, dove le leggende e le credenze popolari hanno sempre la meglio sul buonsenso, dove se sei diverso sei malvisto, e se sei impopolare autimanticamente divieni la causa di ogni male possibile. E così fu per lui e per sua madre che pagò con la vita la sua eccessiva prodigalità verso il prossimo ignorante e ingrato. Ma fu la morte di Elinor a dare a Yvel il colpo di grazia e a segnare definifinitivamente il suo inadirimento interiore. E la stessa cosa accadde ad Alexis; se nel fratello però l'animo subì un declino così netto da estremizzarne gli impulsi e gli scatti d'ira, in lui mutò drasticamente, rendendolo del tutto impassibile, indifferente e insensibile, più introiverso e decisamente meno incline di Yvel a farsi dominare dalle emozioni. Ed è proprio in questo che consiste la loro diversità: puro istinto Yvel, completamente razionale Alexis.


CAPITOLO II
Non Può Essere Lui

Quando, un ora più tardi, Ellie aprì finalmente gli occhi, si ritrovò distesa su di raffinato divano cremisi. Era uno scamosciato di fattura costosa, molto morbido e piacevole al tatto. Cuscini di raso le erano stati sistemati sotto la testa e un piumino multicolore le era stato rimboccato fin sotto il naso. Nel camino scoppiettava allegro un fuocherello mentre, da un bruciatore in porcellana, un essenza orientale si diffondeva languida nell'ambiente. Una luce soffusa abbracciava l'intero salottino e rendeva ancor più accogliente e calda la stanza.

- Come stai? - chiese, improvvisamente, una voce maschile, roca e profonda non molto distante da lei. 
La ragazza trasalì ed emise in risposta un singolo gemito strozzato.

- Bhè? Ti ho spaventato? Figurati come mi sono sentito io quando mi sei piombata in casa e mi sei svenuta sull'ingresso! - disse scherzando la voce dal forte accento straniero - Vorrai fare un bagno immagino... - continuò poi in tono più serio.

Ellie si sollevò con le braccia, era intenzionata a rispondere al suo misterioso interlocutore che no, non voleva arrecargli alcun disturbo, ma quando si voltò, l'uomo che le aveva parlato era sparito. Così, sospirando, si mise a sedere e nell'attendere il ritorno del suo sconosciuto salvatore prese a contemplare l'arredamento intorno a se. Si stava guardando attorno, incuriosita e perplessa dal fasto e dall'eleganza di ciò che la circondava, quando una foto, posta su di un tavolino poco lontano, attirò la sua attenzione... un ragazzo dallo sguardo dolce e sognante ammiccava accattivante mentre due cani, un Golden Retriver e un Rotwallier stavano accucciati accanto a lui... socchiuse gli occhi... doveva aveva già visto quel volto? E i cani? Avevano un aria così tremendamente familiare... dove li aveva già visti quei due cani... li osservò con attenzione e improvvisamente le sovvenne uno scampolo di ricordo... un Golden Retriver e un Rotwaller... si batté una mano sulla fronte per lo stupore... ma certamente.. ecco dove gli aveva visti! Ci rifletté su un secondo, poi ricacciò immediatamente la sciocca idea nei meandri della sua mente. Era inverosimile, stentava a crederci tanto era assurdo... eppure quel Golden Retriver e quel Rotwaller erano gli stessi... ma ciò andava a presupporre che quella casa fosse... e che quella voce, che si era rivolta a lei con tanta affabilità, appartenesse a...

- No!- mormorò tra se -E' impossibile! Non può essere! No, non può essere assolutamente... tutta quella pioggia deve averti senz'altro annacquato il cervello Ellie!- disse tra se e se.



Afferrò quindi la cornicetta in argento con entrambe le mani per guardarla più da vicino..

Non è lui... non può essere lui... 
Si ripeté più volte queste parole con l'unico scopo di convincere se stessa della follia che presupponeva il solo ipotizzare una cosa del genere, quando, la voce gentile, che Ellie aveva udito poco prima, esclamò inaspettatamente - Asciugamani puliti! -

La reazione della ragazza fu alquanto bizzarra. Era talmente immersa nei suoi pensieri e concentrata a studiare i lineamenti del bell'uomo che le sorrideva a pochi centimetri dal suo naso, che non aveva sentito i passi appena dietro le sue spalle e trasalì quando venne richiamata la sua attenzione. Spaventata per essere stata colta in flagrante a ficcanasare, balzò in piedi come una molla, lasciò cadere per terra la fotografia, o, per meglio dire, la gettò come se fosse divenuta improvvisamente incandescente, e si girò annaspando verso la voce. Nel vedere poi a chi essa effettivamente appartenesse, sgranò, quasi senza rendersene conto, gli occhi sbalordita. Il ragazzo, invece, tutt'altro che divertito dall'espressione piuttosto buffa che Ellie aveva assunto e dalla tinta vermiglia che aveva colorato le sue gote, inarcò un sopracciglio e senza badare allo sguardo incredulo di lei, le si avvicinò.

- Entusiasmante... devo avere un aspetto veramente orribile! - disse risentito mentre le porgeva gli asciugamani.

La ragazza, interdetta, mosse più volte le labbra per rispondere ma non profferì parola se non qualche vago suono indistinto.

- Bhè? Che c'è che non va? Ogni volta che mi rivolgo a te trasecoli... ora mi fissi come se avessi visto il mostro di Lochness! - brontolò il ragazzo assumendo un aria indispettita.

- Si... cioè no... ecco... - biascicò Ellie, che, senza riuscire a distogliere gli occhi verdi da quelli nocciola di lui, continuava a guardarlo con aria sbigottita mentre questi, intuendo la motivazione della meraviglia che aveva suscitato in lei, si addolcì un poco.

- Allora? Durerà ancora per molto questo stato catatonico in cui sei sprofondata vedendomi? - domandò ancora ma questa volta il tono era scherzoso e un breve sorriso percorse le sue labbra arricciandole in una sorta di smorfia. Ellie, tornando bruscamente in se e rendendosi conto della gaffe che stava commettendo cercò di correggersi immediatamente - No... volevo dire no... assolutamente no... oh accidenti, mi perdoni, non so nemmeno io che cavolo sto dicendo... il fatto è che non mi sarei immaginata di... cioè io... io...- si giustificò infine balbettando, arrossendo e distogliendo lo sguardo, ma, il ragazzo, notando lo smarrimento di lei, la interruppe e la rassicurò poggiandole una mano sulla spalla.

Ehi... - sussurrò dolcemente - Non hai nulla di cui scusarti. - 

Ellie, tornò con lo sguardo al viso di lui, sorrise timidamente e arrossì ancora. Stentava a crederci nonostante la palese evidenza. Lui... lo aveva sognato per tutta una vita, ed ora era lì di fronte a lei e stava carezzandole il braccio... il contatto stava facendole mancare il respiro, il cuore le batteva all'impazzata e le gambe le tremavano convulsivamente. Immaginò di apparire estremamente ridicola e pregò perché lui non si accorgesse di quanto era emozionata... poi... starnutì rompendo l'incanto e si sentì ancora più goffa di quanto già non fosse. Il ragazzo ritirò la mano istintivamente e abbozzò un mezzo sorriso guardando quello scricciolo tremante. Lei invece si vergognò profondamente per aver suscitato in lui ilarità. Si strinse nelle spalle e abbassò mestamente il capo.
- Sembra che tu stia bene, però credo sia necessario liberarti al più presto di questi abiti bagnati o rischi di ammalarti seriamente. - replicò soppesandola preoccupato. - Vieni. Ti ho fatto preparare un bagno caldo. - soggiunse sospingendola verso l'enorme scalinata che conduceva al piano superiore.
- Oh no... non deve darsi tanta pena per me. Non voglio arrecarle nessun disturbo... io... se mi permette di usare il telefono... - rispose prontamente Ellie che non s'aspettava certo tanta accoglienza da un uomo altolocato e famoso come quello. Ma non terminò la frase perchè egli la interuppe quasi subito con un gesto risoluto.

- Non mi dai alcun disturbo. Inoltre, non posso certo lasciarti andar via in questo stato. E dammi del tu, per cortesia. Chiamami semplicemente Christian, detesto i formalismi!” puntualizzò infine, mentre la invitava a seguirlo. 

giovedì 4 marzo 2010


Mi si è cancellato mezzo post mentre cercavo di sistemare le dimensioni del font... vabbè, sorvoliamo, ci sarebbe da incavolarsi abbastanza. E non tanto con Blogger, ma con me e l'Apple nuovo che ancora mi crea qualche difficoltà.
Ad ogni modo, nelle righe ormai irrecuperabili, accennavo ad Alexis e a suo fratello Yvel, nomi che a chi mi legge per la prima volta senz'altro non dicono nulla, ma che per chi mi segue o mi conosce, sono un must irrinunciabile. Entrambi nascono come personaggi per un GDR su Harry Potter e successivamente, dato il gradimento riscontrato e il background piuttosto consistente che li distingue, li ho inseriti in una fanfction, sempre a tema potteriano, che ha riscosso un certo successo tra le linee femminili. Il primo, Alexis, in quanto biondo, single e mangiamorte è piaciuto moltissimo forse perchè ricorda, seppur da molto lontano, i rampanti fanciulli del casato Malfoy. Il secondo Yvel, ha senz'altro meno fan del fratello ma non gli è certamente inferiore in complessità di carattere e retroscena. Quindi, dato che i platinatissimi Malfoy ormai sono fin troppo inflazionati e saturo di fan, io ho creato, per le donzelle mai paghe di biondi antagonisti, il cattivo Alexis, con al suo seguito il fratello altrettanto bello e dannato Yvel, il loro amore perduto Elinor e quello nuovo e futuro la cui identità tengo per ora ancora nascosta per creare un pochetto di suspense tra le più curiose! Posterò a breve un paio di scritti su di loro che purtroppo non sono una novità ma ai quali ne seguiranno altri completamente inediti e in cui accennerò e parlerò del nuovo personaggio femminile che dovrebbe rimettere i due fratelli in competizione, e questa volta a carte scoperte e senza esclusione di colpi. So che messa così sembra simile a Twilight e togliendoci i vampiri ogni scritto a sfondo sentimentale ci si avvicina...  ma purtroppo è anche vero che i drammoni gotico sentimentali ultimamente stanno andando per la maggiore e sono quelli che piacciono di più, per quanto a me risultino un tantino noiosi. Vi domanderete perchè li scrivo allora... bhè, oltre a far pratica ho almeno qualche lettore assicurato! XD 


PS. A lato c'è un sondaggio che spero riceverà qualche voto in modo da permettermi di decidere con maggior rapidità e facilità cosa postare di nuovo! :)

mercoledì 3 marzo 2010

CAPITOLO I

La Villa Sulla Collina 


Ellie stava camminando con passo spedito e leggero lungo un vicolo deserto, accompagnata esclusivamente dal ritmico ticchettare dei suoi tacchi che riecheggiava lugubre e sinistro nell'angusta stradina. In preda ad una sensazione di panico crescente, la ragazza continuava a voltarsi indietro ad ogni minimo rumore e ad avvolgersi nervosamente nella giacca. Sapeva perfettamente che non era sicuro per una donna sola passeggiare in luoghi isolati quando calava la notte, per di più in un posto a lei completamente sconosciuto. Era giunta in quella graziosa cittadina della Maremma Toscana nel tardo pomeriggio, e, senza nemmeno disfare i bagagli, era uscita per godersi la fresca aria nuova e lo sfavillante gioco di luci creato dagli addobbi natalizi. Nel rimirare le vetrine illuminate, così cariche di merce colorata e invitante, non si era resa conto di aver imboccato una via secondaria abbandonando così il vialone principale. 
Ora, in quel dedalo di viuzze, aveva perso del tutto l'orientamento e non era in grado di ritrovare la strada che l'avrebbe ricondotta sana e salva all'albergo in cui pernottava per il week-end. Si era ripromessa di domandare indicazioni alla prima persona che avesse incontrato quando, improvvisamente, inquietanti rumori alle sue spalle la fecero sussultare. 

Chi c'è...? - domandò con voce tremante fissando un punto scuro e indistinto davanti a se. 
Attese qualche istante ma non ricevendo alcuna risposta riprese a camminare. 

Nel frattempo un lampo illuminò il cielo.

Non aveva percorso che pochi passi quando altri scricchiolii destarono nuovamente la sua attenzione. Allarmata si fermò di scatto e senza voltarsi tese l'orecchio per cogliere e distinguere meglio la provenienza di quegli strani suoni. Non percependo però nulla nemmeno questa volta, si convinse di essersi lasciata suggestionare dall'ambiente e, sebbene fosse piuttosto scossa, si fece coraggio e s'avvio svicolando rapidamente nel raccordo alla sua destra. 
Non dovette comunque allontanarsi molto per udire ancora quel dannato rumore. Impaurita prese a correre e quel fastidioso e ripetitivo tic-tac accelerò con lei. Si sentì inerme e indifesa mentre, assalita dalla paura, la certezza d'essere seguita prese forma dentro di lei. Corse a lungo, incespicando e affannandosi nel tentativo di trovare un ausilio e un riparo, svoltò più e più volte sperando così di depistare quel pericolo senza volto finché, del tutto spaesata, si ritrovò nel bel mezzo di uno spiazzetto desolato. Completamente senza fiato si appoggiò contro uno sparuto alberello, inspirò a fondo cercando di calmarsi e di ricomporsi. Aveva le gote arrossate e le doleva terribilmente il fianco sinistro per lo sforzo.
Ma la tregua non durò a lungo perché mentre la ragazza, credendo d'essersi liberata del suo inseguitore, seguitava a rilassarsi, una mano l'afferrò bruscamente alla vita. 

In quel momento un tuono rombò in lontananza.

Ellie scalciò e si divincolò mordendo e graffiando qualsiasi cosa le capitasse a tiro. Dalla sua angolazione non riusciva distinguere i lineamenti dell'aggressore ma poteva sentirlo chiaramente gemere ed imprecare dietro di lei. La morsa in cui l'uomo l'aveva stretta le impediva quasi del tutto di muoversi e immaginandosi ciò che questi le avrebbe fatto di li a poco, la ragazza urlò furiosamente. Ma lui non le si insinuò sotto i vestiti, ne si accinse a strapparglieli o a fare nulla che potesse far pensare ad una aggressione a scopo sessuale, si limitava a trattenerla mantenendo salda la presa su di lei, non faceva niente per farla stare zitta, non parlava, non diceva nulla, non rispondeva neppure alle provocazioni. Fu quando sentì le mani salirle al volto e le dita dischiudersi intorno al suo collo sottile che Ellie capì cosa quel tizio avesse realmente in mente. La paura in lei crebbe maggiormente e calde lacrime presero a rigarle il volto, singhiozzò e cercò di divincolarsi con tutte le sue forze, ma l'uomo la strinse di più e lei strillò ancora, conscia che le sue possibilità di fuga ormai erano ridotte quasi a zero. Nessuno udiva le sue grida disperate, nessuno veniva in suo soccorso, avrebbe potuto contare solo su se stessa, su quel poco di lucidità che ancora le rimaneva. Il terrore che lei provava alimentava il piacere di lui e quando Ellie sentì l'eccitazione dell'uomo crescere prepotentemente, in un impeto di disperazione, assestò una manata in pieno addome all'uomo, che accasciatosi per colpo ricevuto, mollò la presa senza tanti complimenti. La ragazza rotolò lontano ma nonostante le numerose contusioni si rialzò e fuggì inoltrandosi nel bosco adiacente la piazzetta. 
Non aveva la minima idea di dove stesse andando, continuava, incurante dei rovi che le laceravano le vesti e le tagliavano le carni, a correre a perdifiato mentre la pioggia, che da lì a poco aveva preso a scrosciare, la inzuppava fino alle ossa. Un ramo irto di spine acuminate le strappò parte del giacchetto. Ellie non perse tempo a cercare di districarlo. Se lo sfilò abbandonandolo alle estremità del tralcio e continuò a correre mentre il fango dello sterrato le inzaccherava i pantaloni. Non guardava nemmeno dove metteva i piedi tanto era il desiderio di mettersi in salvo. Nella foga di sfuggire a quella minaccia invisibile, infatti, non notò alcune radici scoperte, inciampò e perdendo l'equilibrio cadde carponi sporcandosi con il terriccio intriso d'acqua. Si rialzò quasi subito e senza la minima esitazione riprese a correre.

Esausta, bagnata e ferita giunse infine ad una strada asfaltata oltre la quale spiccava un grosso cancello di ferro battuto. Era appena accostato e senza riflettere Ellie lo attraversò. Percorse a grandi passi l'enorme viale d'accesso raggiungendo infine una lussuosa villa che dall'alto di una dolce collinetta dominava l'intera vallata. La ragazza vi si diresse senza indugio alcuno, sali' l'elegante scalinata in alabastro che conduceva ad un sontuoso portone di ingresso in legno intagliato e, afferrato d'istinto il battacchio, prese a bussare contro il battente con tutta l'energia che le era rimasta. Chiamò, gridò e invocò aiuto più volte ma nessuno accorse al suo richiamo mentre la pioggia, inesorabile, continuava ad insinuarsi trai suoi vestiti ormai completamente fradici. Dall'interno proveniva solo della musica che sembrava essere tenuta anche a volume piuttosto alto. Era probabile quindi che non l'avessero sentita.
Ellie non si perse comunque d'animo, aveva decisamente paura e restare fuori, senza nessuna protezione, la terrorizzava. Non sapeva infatti se quel losco individuo l'avesse inseguita fin li e, ben nascosto, stesse aspettando il momento più opportuno per prenderla alla sprovvista e saltarle addosso. Così, senza attendere oltre raggiunse il retro dell'enorme edificio. In quel lato della casa buona parte del terreno era piastrellato ed era talmente scivoloso a causa della pioggia, che per poco Ellie, correndo, non cadde nella piscina. La vasca era piuttosto grossa, aveva una forma molto particolare che ricordava la sagoma di un fagiolo ed era stata costruita non molto distante da un raffinato pergolato, interamente ricoperto di rose bianche rampicanti, sotto il quale facevano capolino svariate vetrate. La ragazza si diresse di impulso alla prima porta-finestra che ebbe modo di scorgere. Le tende però erano tirate ed era impossibile sbirciare all'interno. Ma Ellie non si arrese e, aggirato un tavolo in ferro battuto, si avvicinò a quella meno riparata ed iniziò a bussare ripetutamente. Udì dei cani abbaiare e uggiolare e, dopo pochi secondi, il pannello di vetro di fronte a lei si aprì e un uomo anziano in livrea le apparve dinnanzi. Meccanicamente egli ripeté la frase di rito usata per allontanare eventuali scocciatori come gli era stato impartito dal suo padrone. Non degnò nemmeno di uno sguardo la ragazza che, al contrario, lo fissava smarrita.
Questa è proprietà privata, chiunque voi siate non avete il permesso di... -

-  Mi aiuti... per favore... - lo interruppe Ellie con un sussurro. 
Il maggiordomo, confuso dall'inaspettato intervento, abbassò gli occhi sulla giovane figurina che, tremante, tentava di sorreggersi reggendosi allo stipite. Sbigottito, rimase qualche istante a fissare l'inattesa ospite, finché, resosi conto della gravità delle situazione, mosse un passo avanti per aiutarla. Ma era troppo tardi. Prima che potesse gettarsi in suo soccorso, la ragazza si accasciò a terra perdendo i sensi. 

Signore! Signore! - chiamò a gran voce il vecchio piegandosi sul corpicino riverso - Venite per cortesia... una fanciulla svenuta... non so cosa fare... accorrete... presto! -

La musica, che fino ad allora aveva aleggiato nell'aria dell'intera villa, cessò di botto e un altro uomo, decisamente più giovane del precedente e abbigliato con una giacca da camera nera, fece il suo ingresso spalancando bruscamente una porta.

Ma insomma Sebastian! - sbottò alterato - Avevo espressamente chiesto di non essere disturbato... - non terminò la frase e rimase a bocca aperta. La vista di una ragazza che giaceva immobile sul suo pavimento di marmo lo aveva relativamente sconcertato. 
Senza pensarci due volte, quindi, si diresse a grandi passi verso il vecchio che invano cercava di rianimarla. 

Che è successo? Chi è la ragazza? - domandò avvicinandosi.

Non ne ho la minima idea Signore... è viva comunque... e credo abbia un principio di congelamento. - rispose mentre teneva il polso di Ellie per rilevarle i battiti cardiaci.

Intanto, due cani, che si trovavano entrambi nella Sala da cui era uscito il ragazzo ed erano stati richiamati sul posto dalla confusione, cercavano affannosamente di farsi strada verso la fanciulla che, invece, non accennava a riprendersi. Prima che potessero però lambirle il viso con le loro lingue raspose o annusarla con i loro tartufi umidi, il ragazzo, prevedendo le loro intenzioni, li trattenne afferrandoli per la collottola.

Sebastian chiudili nella serra altrimenti la calpesteranno. Poi chiama un dottore o un ambulanza... io intanto penso a lei. - ordinò affidando le bestiole al suo maggiordomo che annuendo le condusse, seppur con una certa fatica, fuori dell'ingresso, lontano dalla ragazza.

Poco dopo l'anziano servitore tornò dal suo padrone che nel frattempo aveva sistemato la giovane ospite sul divano. Non l'aveva spogliata degli abiti bagnati ma aveva cercato di coprirla alla bene meglio. 

Signore” proruppe Sebastian visibilmente agitato - Il telefono sembra isolato e la pioggia non accenna a diminuire... cosa pensa di fare...?- domandò quindi preoccupato.

Il ragazzo sospirò sonoramente ed incrociò le braccia al petto.

Per ora solo scaldarla. Attenderemo che si desti per decidere il da farsi. - mormorò osservando pensieroso la sagoma immobile di Ellie. - Prepara un bagno caldo, ne avrà bisogno. - concluse infine abbandonando rapidamente la stanza per recarsi al piano superiore.