mercoledì 23 giugno 2010

Dopo qualche mese di assenza mi sono decisa a riprendere a postare i miei scritti. Quello che inserirò a seguito è uno racconto spin-off che stò scrivendo insieme alla mia amica Serena ed è tratto dal GDR "The Tower of Babel" che staimo entrambe giocando sull'omonimo Forum della Damaverde.
 
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CAPITOLO I

Un uomo correva a perdifiato lungo il selciato infangato. Indossava una maschera d'argento con inserti di corallo e madreperla che riluceva sotto i raggi della luna. Aveva pioviuto parecchio e quella era, dopo tanto, la prima sera senza nuvole. Il paesaggio tutto intorno si rifletteva nelle numerose pozzanghere e rifulgeva di un alone chiaro che lo rendeva innaturale. Nonostante l’orlo fosse impregnato di limo e acqua, il lungo mantello nero svolazzava rumorosamente alle sue spalle acqua ed il cappuccio, che soleva tenere ben teso sopra il volto, era invece ricaduto all'indietro a causa del vento che di li a poco s'era alzato.
La strada sterrata che l’uomo aveva imboccato sembrava non finire mai, eppure era sicuro che quella fosse la via giusta. L'avevano portata nei boschi al limitare di Babele, almeno così gli avevano detto e l'informazione che era riuscito ad avere era corretta, poteva fidarsi di chi gliel’aveva data. O almeno lo aveva pensato fino a quel momento. C'era qualcosa di anomalo, qualcosa che gli impediva di stare completamente tranquillo, l’aria stessa era strana, e forse era proprio quello a procurargli un vago senso d'allarme, un odore dolciastro, a tratti putrido, come di morte.
Continuava a correre e davanti a lui, man mano che si avvicinava, prendeva forma un ponte, leggermente curvo e apparentemente deserto che sovrastava un fiumicciattolo gonfio e gorgogliante a causa della recente pioggia. Aumentò il passo e non si curò dei suoi sensi che, al contrario, gli suggerivano di procedere con prudenza. Aveva fretta di ritrovare Chantal e la paura di arrivare in ritardo ottenebrava il buonsenso in favore di una rapidità maggiore che però era al limite con l’incoscienza. All'orizzonte si profilava la sagoma di una casa e Raven alla sua vista, seguitò a correre ancora più forte. Se invece di procedere a passo tanto spedito avesse camminato, certamente  si sarebbe accorto della figura ammantata di nero nascosta ai margini del ruscello.
Lo sconosciuto uscì dal buio e senza pensarci due volte attaccò. Una scia rossa rasentò il fianco di Raven che, preso alla sprovvsita, si lanciò a terra. Sguainò la bacchetta per difendersi ma la misteriosa figura fu più rapida e attaccò di nuovo, senza pietà. Questa volta l'anatema senza perdono lo colpì in pieno petto e un dolore indescrivibile lo percorse da capo a piedi togliendogli completamente il fiato. Il mangiamorte misterioso rincarò la dose, più e più volte, ma Raven resistette, fu solo il pensiero della donna che amava a impedirgli di soccombere al dolore che lo pervadeva. Il ricordo del sorriso di lei, del suo calore e della sua dolcezza gli permisero di resistere e di spezzare il maleficio.
- Stupeficium - gridò, e del tutto impreparato il suo avversario cadde all'indietro. La maschera che indossava cadde per il contraccolpo rivelando il volto di un uomo che Raven non avrebbe mai immaginato potesse tentare d'ucciderlo.
- Come ci sei riuscito? - domandò questi estrerrefatto passando lo sguardo dalla sua bacchetta a quella di Raven - Non si può sfuggire ad una maledizione senza perdono -
- E' l'amore che mi ha dato la forza - lo interruppe l'altro - Quello che tu hai smesso di provare tanto tempo fa -
- L’amore non esiste - sibilò il mangiamorte mostrando i denti come un cane rabbioso – E’ un sentimento inutile che porta solo ad un indebolimento lento e costante dell’animo e della mente -
- Se lo fosse io adesso sarei morto - Raven era furioso – Quello che dici non è vero, sei solo uno scellerato senza più cuore e senza cervello! -
Yvel si alzò, ergendosi in tutta la sua statura. Raven era alto ma l’altro lo passava di ben venti centimetri abbondanti e lui dovette guardarlo dal basso verso l'alto, nonostante tutto.
- No, è falso - replicò, la voce resa stridula dalla rabbia – L’amore rende deboli, e la debolezza rende vulnerabili. Un uomo vulnerabile è un uomo morto -
- Io sono vivo Yvel, mi sono salvato dal tuo anatema grazie all’amore, io sono la prova che quello che dico è vero - ribattè con convinzione – E questo dimostra che ti sbagli -
- Mia madre è morta a causa di quello sciocco sentimento che è l’amore -
Raven scosse la testa, sembrava di parlare con un muro, nulla di quanto avrebbe detto avrebbe fatto cambiare idea ad Yvel. Aveva vissuto troppi traumi per poter superare e capire la cosa semplicemente parlandone. Avrebbe dovuto viverlo, nuovamente avrebbe dovuto innamorarsi. Ma quale donna avrebbe mai potuto fare breccia in quel suo cuore arido e vuoto?
- Tua madre era una brava donna – affermò in un disperato tentativo di far ragionare il suo avversario - Non sarebbe felice di vedere cosa sei diventato -
Però, anzichè replicare, Yvel serrò la mascella e slanciandosi in avanti con quanta forza aveva in corpo, attaccò. E Raven, che se lo aspettava, fu pronto a reagire. Da entrambe le bacchette uscirono lampi di luce che inondarono di scintille colorate tutt’intorno e quando i fasci di energia emanati dall’una e dall’altra si toccarono, lo scontro fu violentissimo.  Sia Yvel sia Raven vennero sbalzati in aria con una forza spaventosa. Nessuno dei due si rialzò, quel duello improvvisato non ebbe né vincitori né vinti.