mercoledì 3 marzo 2010

CAPITOLO I

La Villa Sulla Collina 


Ellie stava camminando con passo spedito e leggero lungo un vicolo deserto, accompagnata esclusivamente dal ritmico ticchettare dei suoi tacchi che riecheggiava lugubre e sinistro nell'angusta stradina. In preda ad una sensazione di panico crescente, la ragazza continuava a voltarsi indietro ad ogni minimo rumore e ad avvolgersi nervosamente nella giacca. Sapeva perfettamente che non era sicuro per una donna sola passeggiare in luoghi isolati quando calava la notte, per di più in un posto a lei completamente sconosciuto. Era giunta in quella graziosa cittadina della Maremma Toscana nel tardo pomeriggio, e, senza nemmeno disfare i bagagli, era uscita per godersi la fresca aria nuova e lo sfavillante gioco di luci creato dagli addobbi natalizi. Nel rimirare le vetrine illuminate, così cariche di merce colorata e invitante, non si era resa conto di aver imboccato una via secondaria abbandonando così il vialone principale. 
Ora, in quel dedalo di viuzze, aveva perso del tutto l'orientamento e non era in grado di ritrovare la strada che l'avrebbe ricondotta sana e salva all'albergo in cui pernottava per il week-end. Si era ripromessa di domandare indicazioni alla prima persona che avesse incontrato quando, improvvisamente, inquietanti rumori alle sue spalle la fecero sussultare. 

Chi c'è...? - domandò con voce tremante fissando un punto scuro e indistinto davanti a se. 
Attese qualche istante ma non ricevendo alcuna risposta riprese a camminare. 

Nel frattempo un lampo illuminò il cielo.

Non aveva percorso che pochi passi quando altri scricchiolii destarono nuovamente la sua attenzione. Allarmata si fermò di scatto e senza voltarsi tese l'orecchio per cogliere e distinguere meglio la provenienza di quegli strani suoni. Non percependo però nulla nemmeno questa volta, si convinse di essersi lasciata suggestionare dall'ambiente e, sebbene fosse piuttosto scossa, si fece coraggio e s'avvio svicolando rapidamente nel raccordo alla sua destra. 
Non dovette comunque allontanarsi molto per udire ancora quel dannato rumore. Impaurita prese a correre e quel fastidioso e ripetitivo tic-tac accelerò con lei. Si sentì inerme e indifesa mentre, assalita dalla paura, la certezza d'essere seguita prese forma dentro di lei. Corse a lungo, incespicando e affannandosi nel tentativo di trovare un ausilio e un riparo, svoltò più e più volte sperando così di depistare quel pericolo senza volto finché, del tutto spaesata, si ritrovò nel bel mezzo di uno spiazzetto desolato. Completamente senza fiato si appoggiò contro uno sparuto alberello, inspirò a fondo cercando di calmarsi e di ricomporsi. Aveva le gote arrossate e le doleva terribilmente il fianco sinistro per lo sforzo.
Ma la tregua non durò a lungo perché mentre la ragazza, credendo d'essersi liberata del suo inseguitore, seguitava a rilassarsi, una mano l'afferrò bruscamente alla vita. 

In quel momento un tuono rombò in lontananza.

Ellie scalciò e si divincolò mordendo e graffiando qualsiasi cosa le capitasse a tiro. Dalla sua angolazione non riusciva distinguere i lineamenti dell'aggressore ma poteva sentirlo chiaramente gemere ed imprecare dietro di lei. La morsa in cui l'uomo l'aveva stretta le impediva quasi del tutto di muoversi e immaginandosi ciò che questi le avrebbe fatto di li a poco, la ragazza urlò furiosamente. Ma lui non le si insinuò sotto i vestiti, ne si accinse a strapparglieli o a fare nulla che potesse far pensare ad una aggressione a scopo sessuale, si limitava a trattenerla mantenendo salda la presa su di lei, non faceva niente per farla stare zitta, non parlava, non diceva nulla, non rispondeva neppure alle provocazioni. Fu quando sentì le mani salirle al volto e le dita dischiudersi intorno al suo collo sottile che Ellie capì cosa quel tizio avesse realmente in mente. La paura in lei crebbe maggiormente e calde lacrime presero a rigarle il volto, singhiozzò e cercò di divincolarsi con tutte le sue forze, ma l'uomo la strinse di più e lei strillò ancora, conscia che le sue possibilità di fuga ormai erano ridotte quasi a zero. Nessuno udiva le sue grida disperate, nessuno veniva in suo soccorso, avrebbe potuto contare solo su se stessa, su quel poco di lucidità che ancora le rimaneva. Il terrore che lei provava alimentava il piacere di lui e quando Ellie sentì l'eccitazione dell'uomo crescere prepotentemente, in un impeto di disperazione, assestò una manata in pieno addome all'uomo, che accasciatosi per colpo ricevuto, mollò la presa senza tanti complimenti. La ragazza rotolò lontano ma nonostante le numerose contusioni si rialzò e fuggì inoltrandosi nel bosco adiacente la piazzetta. 
Non aveva la minima idea di dove stesse andando, continuava, incurante dei rovi che le laceravano le vesti e le tagliavano le carni, a correre a perdifiato mentre la pioggia, che da lì a poco aveva preso a scrosciare, la inzuppava fino alle ossa. Un ramo irto di spine acuminate le strappò parte del giacchetto. Ellie non perse tempo a cercare di districarlo. Se lo sfilò abbandonandolo alle estremità del tralcio e continuò a correre mentre il fango dello sterrato le inzaccherava i pantaloni. Non guardava nemmeno dove metteva i piedi tanto era il desiderio di mettersi in salvo. Nella foga di sfuggire a quella minaccia invisibile, infatti, non notò alcune radici scoperte, inciampò e perdendo l'equilibrio cadde carponi sporcandosi con il terriccio intriso d'acqua. Si rialzò quasi subito e senza la minima esitazione riprese a correre.

Esausta, bagnata e ferita giunse infine ad una strada asfaltata oltre la quale spiccava un grosso cancello di ferro battuto. Era appena accostato e senza riflettere Ellie lo attraversò. Percorse a grandi passi l'enorme viale d'accesso raggiungendo infine una lussuosa villa che dall'alto di una dolce collinetta dominava l'intera vallata. La ragazza vi si diresse senza indugio alcuno, sali' l'elegante scalinata in alabastro che conduceva ad un sontuoso portone di ingresso in legno intagliato e, afferrato d'istinto il battacchio, prese a bussare contro il battente con tutta l'energia che le era rimasta. Chiamò, gridò e invocò aiuto più volte ma nessuno accorse al suo richiamo mentre la pioggia, inesorabile, continuava ad insinuarsi trai suoi vestiti ormai completamente fradici. Dall'interno proveniva solo della musica che sembrava essere tenuta anche a volume piuttosto alto. Era probabile quindi che non l'avessero sentita.
Ellie non si perse comunque d'animo, aveva decisamente paura e restare fuori, senza nessuna protezione, la terrorizzava. Non sapeva infatti se quel losco individuo l'avesse inseguita fin li e, ben nascosto, stesse aspettando il momento più opportuno per prenderla alla sprovvista e saltarle addosso. Così, senza attendere oltre raggiunse il retro dell'enorme edificio. In quel lato della casa buona parte del terreno era piastrellato ed era talmente scivoloso a causa della pioggia, che per poco Ellie, correndo, non cadde nella piscina. La vasca era piuttosto grossa, aveva una forma molto particolare che ricordava la sagoma di un fagiolo ed era stata costruita non molto distante da un raffinato pergolato, interamente ricoperto di rose bianche rampicanti, sotto il quale facevano capolino svariate vetrate. La ragazza si diresse di impulso alla prima porta-finestra che ebbe modo di scorgere. Le tende però erano tirate ed era impossibile sbirciare all'interno. Ma Ellie non si arrese e, aggirato un tavolo in ferro battuto, si avvicinò a quella meno riparata ed iniziò a bussare ripetutamente. Udì dei cani abbaiare e uggiolare e, dopo pochi secondi, il pannello di vetro di fronte a lei si aprì e un uomo anziano in livrea le apparve dinnanzi. Meccanicamente egli ripeté la frase di rito usata per allontanare eventuali scocciatori come gli era stato impartito dal suo padrone. Non degnò nemmeno di uno sguardo la ragazza che, al contrario, lo fissava smarrita.
Questa è proprietà privata, chiunque voi siate non avete il permesso di... -

-  Mi aiuti... per favore... - lo interruppe Ellie con un sussurro. 
Il maggiordomo, confuso dall'inaspettato intervento, abbassò gli occhi sulla giovane figurina che, tremante, tentava di sorreggersi reggendosi allo stipite. Sbigottito, rimase qualche istante a fissare l'inattesa ospite, finché, resosi conto della gravità delle situazione, mosse un passo avanti per aiutarla. Ma era troppo tardi. Prima che potesse gettarsi in suo soccorso, la ragazza si accasciò a terra perdendo i sensi. 

Signore! Signore! - chiamò a gran voce il vecchio piegandosi sul corpicino riverso - Venite per cortesia... una fanciulla svenuta... non so cosa fare... accorrete... presto! -

La musica, che fino ad allora aveva aleggiato nell'aria dell'intera villa, cessò di botto e un altro uomo, decisamente più giovane del precedente e abbigliato con una giacca da camera nera, fece il suo ingresso spalancando bruscamente una porta.

Ma insomma Sebastian! - sbottò alterato - Avevo espressamente chiesto di non essere disturbato... - non terminò la frase e rimase a bocca aperta. La vista di una ragazza che giaceva immobile sul suo pavimento di marmo lo aveva relativamente sconcertato. 
Senza pensarci due volte, quindi, si diresse a grandi passi verso il vecchio che invano cercava di rianimarla. 

Che è successo? Chi è la ragazza? - domandò avvicinandosi.

Non ne ho la minima idea Signore... è viva comunque... e credo abbia un principio di congelamento. - rispose mentre teneva il polso di Ellie per rilevarle i battiti cardiaci.

Intanto, due cani, che si trovavano entrambi nella Sala da cui era uscito il ragazzo ed erano stati richiamati sul posto dalla confusione, cercavano affannosamente di farsi strada verso la fanciulla che, invece, non accennava a riprendersi. Prima che potessero però lambirle il viso con le loro lingue raspose o annusarla con i loro tartufi umidi, il ragazzo, prevedendo le loro intenzioni, li trattenne afferrandoli per la collottola.

Sebastian chiudili nella serra altrimenti la calpesteranno. Poi chiama un dottore o un ambulanza... io intanto penso a lei. - ordinò affidando le bestiole al suo maggiordomo che annuendo le condusse, seppur con una certa fatica, fuori dell'ingresso, lontano dalla ragazza.

Poco dopo l'anziano servitore tornò dal suo padrone che nel frattempo aveva sistemato la giovane ospite sul divano. Non l'aveva spogliata degli abiti bagnati ma aveva cercato di coprirla alla bene meglio. 

Signore” proruppe Sebastian visibilmente agitato - Il telefono sembra isolato e la pioggia non accenna a diminuire... cosa pensa di fare...?- domandò quindi preoccupato.

Il ragazzo sospirò sonoramente ed incrociò le braccia al petto.

Per ora solo scaldarla. Attenderemo che si desti per decidere il da farsi. - mormorò osservando pensieroso la sagoma immobile di Ellie. - Prepara un bagno caldo, ne avrà bisogno. - concluse infine abbandonando rapidamente la stanza per recarsi al piano superiore.


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