martedì 9 marzo 2010
17:00 |
Pubblicato da
Morgan |
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ESTRATTO I
- YVEL -
- YVEL -
L'uomo si girò piano nel letto ignorando del tutto la donna che, distesa accanto a lui, cercava in ogni modo di attrarre la sua attenzione. Non era la prima volta che dormivano insieme ma quella notte Yvel era più strano e scontroso del solito. Sembrava infatti che non gradisse d'esser toccato e che rifuggisse ogni tipo di contatto. S'era voltato di spalle per dissauderla, ma quando lei, sempre più intraprendente, lasciò scendere le mani dal petto all'inguine, lui sbottò scansandola bruscamente con un movimento rapido e decisamente poco delicato del braccio.
“E mollami, dannazione!” sibilò infastidito.
“Ma che ti prende?” chiese lei, che s'era ritirata di scatto, spaventata e disorientata per l'improvvisa reazione violenta, e inopportuna, di lui.
“Non ho voglia, lasciami in pace” rispose rimanendo voltato “Anzi, fammi la cortesia, vattene proprio” soggiunse dopo qualche secondo ripensandoci.
“Yvel...” sospirò la ragazza tirandosi le lenzuola fin sotto il mento “Non puoi far così ogni volta... pima mi cerchi poi mi respingi... stò iniziando seriamente a stancarmi di questi tuoi continui cambi d'umore.”
“Non mi va di fare conversazione, non mi va di ripetermi altre mille volte. Vattene e togliti dai piedi.” ribattè infastidito.
“Non sono un oggetto” protestò la donna “Non puoi decidere di prendermi quando meglio t'aggrada e poi buttarmi quando non ti va più.”
Il Mangiamorte, seccato, si limitò a sbuffare sonoramente, continuava a darle le spalle e pareva ben deciso a non girarsi.
“E' per lei vero? Continui a pensare a lei... mi desideri perchè le assomiglio, o forse perchè te la ricordo solamente, poi t'accorgi che non sono lei e mi mandi via...” il tono della donna inizialmente comprensivo e a tratti dolce s'era fatto duro e freddo. Per quanto lo biasimasse, il fatto che tra loro ci fosse sempre e comunque l'ombra di Elinor, lei proprio non riusciva più a tollerarlo. O almeno era questo che voleva fargli credere.
“Va al diavolo!” imprecò l'altro per tutta risposta “Non sei neppure degna di nominarla, la mia Elinor”
La giovane rise. Avrebbe voluto che questo apparisse come un gesto disinvolto, carico di sarcasmo, e che sottolineasse quanto poco la cosa la toccasse, ma purtroppo la sua risata risuonò stridula e nervosa mettendo in evidenza quanto in realtà fosse tesa e quanto il discorso la disturbasse. Ma non si tirò indietro e, senza rifletterci troppo, affrontò la discussione, che lei stessa aveva innescato, di petto.
“La tua Elinor?” gli fece eco ironicamente, o almeno così sperò che sembrasse “Non è mai stata tua, non c'è stato mai nulla fra voi”
Le parole arrivarono a Yvel come pugnalate a sangue freddo, all'udirle si tirò indietro come fosse stato colpito e scottatto da brace rovente, poi s'alzò allontanandosi di più da quella che, per lui, poteva definirsi più una vecchia amica che una vera e propria compagna. S'erano conosciuti quando Elinor era ancora viva, e Cosette, francese anch'ella d'origini, era la sua dama di compagnia, la sua ancella, la sua confidente. E fu anche quella che probabilmente ne causò la prematura dipartita, solo che lui non lo sapeva e lei stava ben attenta a non farne mai parola. Alexis invece lo sospettava, l'aveva affrontata, ma la cosa era servita a poco dati i rapporti decisamente poco felici che correvano tra i due fratelli. Ovviamente, per quanto Alexis avesse insistito, Yvel non gli aveva mai creduto. Elinor era morta precipitando dalla finestra della sua stanza e per quel che ne sapeva lui, anzi per quel che Yvel voleva credere, era stato Alexis ad ucciderla, a gettarla di sotto. Ed Elinor era la seconda donna che lui vedeva morire, la seconda donna che gli veniva strappata di mano e che lui non era riuscito nè a proteggere né a salvare. La prima fu sua madre, lapidata dalla gente del villaggio in cui vivevano. Buona d'animo com'era, aveva tentato d'aiutarli, di metterli in guardia, e loro l'avevano ripagata così, uccidendola a sassate. Aveva pronosticato loro un'imminete tragedia, ma questi, gretti e bigotti, non le avevano creduto e quando veramente i corpi di due bambini vennero rinvenuti privi di vita lungo le sponde del fiume, lei ne fu ritenuta responsabile. E Yvel, quando ciò accadde era troppo piccolo, non aveva né le forze nè le capacità per intervenire in difesa della madre e suo padre non c'era, non era lì con loro e non li avrebbe aiutati neppure quella volta. Da che era al mondo, per Yvel era sempre stato così. Suo padre fu per lui una figura inesistente, aveva messo incinta sua madre e se ne era andato, poi s'era fatto un'altra famiglia, o meglio, aveva sedotto un'altra donna da cui aveva avuto un'altro figlio, Alexis, e subito dopo aveva abbandonato anche lei.
“Il tuo è ed è stato un amore a senso unico, lei non ti voleva, non ti ha mai voluto e lo sai benissimo!” riprese la ragazza imperterrita.
“Sta zitta...” la voce di lui uscì roca, spezzata.
“E insisti! Tu hai un'idea totalmente distorta di Elinor, non era affatto quella che tu credevi!”
“Smettila, non sai quello che stai dicendo... non infangare il suo nome” la rabbia che stava rapidamente crescendo in lui era sul punto di prendere il sopravvento. Cosette stava giocando col fuoco, lo sapeva e la cosa la divertiva. Ormai lo conosceva piuttosto bene ed era ben conscia di quanto in là potesse spingersi prima che lui perdesse del tutto il controllo di sé.
“Si che lo so, io la conoscevo bene invece, si confidava con me e non era di te che mi parlava, non c'eri tu nei suoi pensieri! Non era te che bramava, non era te che cercava! Era Alexis, lei ha sempre voluto solo ed esclusivamente lui!” continuò ignorando le parole di Yvel.
“Basta...” il tono s'era abbassato notevolmente, non sembrava neppure più umano, ma più simile al soffio di un drago furioso “Non voglio sentire” e a sottolineare quanto aveva appena detto abbattè con foga un pugno contro l'anta dell'armadio di fronte a lui, sfondandola.
“No, accidenti, aprile queste dannate orecchie!” Cosette urlava mentre lui ora parzialmente di lato rispetto a lei, stringeva convulsamente un pugno mentre l'altro braccio, teso, affondava sanguinante tra le schegge di legno ”Perchè tu non sai nulla di lei, l'hai sempre idolatrata credendola una santa, la purezza fatta donna, ma non era innocente, non lo era affatto!”
“Falla finita maledizione ... non parlare di lei in questo modo, non azzardarti...” e anche l'altro pugno andò a infrangersi nel malcapitato mobile, ora quasi completamente a pezzi.
“No, non la faccio finita! Tu piuttosto vedi di darci un taglio con questa lagna! Lei era gentile con te solo perchè le facevi comodo, eri solo un modo per avvicinarsi ad Alexis! Lei sapeva perfettamente quello che provavi, ma non gliene fregava nulla, ti compativa probabilmente, ma poiché le tornavi parecchio utile, stava al gioco!” la giovane ormai era un fiume in piena e investiva Yvel senza pietà “Possibile che non ci arrivi? Possibile che non l'hai mai capito? O semplicemente ti fa più comodo il contrario? Una misera vittoria immaginaria contro Alexis...”
L'uomo stavolta non rispose, teneva il busto leggermente piegato in avanti, rititrò i pugni dalle assi di legno spezzate, li strinse ancora, e ignorando il dolore e le ferite si scagliò nuovamente contro il povero armadio, distruggendolo del tutto. Neppure s'era reso conto d'averlo raso al suolo, respirava affannosamente e tremava, e le vene sul collo e sulle tempie erano così in rilievo da far temere che potessero esplodere da un momento all'altro. La mandibola serrata e le labbra parzialmente arricciate infine gli conferivano l'aspetto di una belva feroce, pronta ad attaccare.
“Mentre tu la cantavi e la desideravi” insistè senza badare all'ira che sempre più rapidamente prendeva possesso dll'uomo “Lei se la spassava allegramente con tuo fratello! Quella notte era andata da lui per quello ed è morta solo perchè i loro giochini s'erano spinti troppo oltre! Era una donna disgustosa, dissolut...”
Fu troppo. Questa volta, sembrava, che avesse davvero esagerato. Cosette non ebbe neppure il tempo di terminare la frase, nella frazione di un secondo Yvel le fu addosso.
“Taci maledetta!” sibilò “O giuro che t'uccido senza pensarci due volte” era sopra di lei, le mani avvolte a mò di avvertimento intorno al candido collo della ragazza, la bocca a un centimetro dalla sua. Ma Cosette, tutt'altro che spaventata, sogghignò.
“Mi uccidi? E con cosa? Sei nudo come un verme e la tua bacchetta è ben riposta nel fodero sotto al mantello”
“Mi bastano le mani per farti tacere una volta per tutte, dannata sgualdrina!” e così dicendo strinse più forte, e lei, anziché divincolarsi gemette e si inarcò sotto di lui, come se la cosa le provocasse un enorme piacere. Al chè Yvel, se in un primo momento fu tentato di farla fuori davvero a mani nude, a quel modo di lei di rispondere alla violenza che lui le stava infliggendo, s'allontano bruscamente.
“Ringrazia che sei una strega...” fu tutto quello che riuscì a dire tirandosi indietro.
“Perchè, se ero babbana avresti stretto di più?”
“No... t'avrei ammazzata nel momento stesso in cui t'avevo vista la prima volta”
“Buffo, Alexis ha risposto più o meno la stessa cosa...” osservò curiosa la donna.
“Alexis?” Yvel pareva confuso “Lui uccide per diletto, io per vendetta, dovresti saperlo... cosa c'entra questo con...” s'interruppe e tutto gli fu improvvisamente chiaro, o almeno così lui credeva “Sei andata con lui?”
“Ovvio che no, avrei voluto in realtà...” sorrise maliziosamente “Ma lui m'ha respinta. A quanto pare anche lui è ancora tormentato dal fantasma di Elinor... doveva saperci proprio fare se il Re dei Ghiacci in persona ce l'ha ancora in testa dopo tutto questo tempo...”
“Lui non c'entra nulla con lei” ribatte acido Yvel.
“Se proprio cocciuto eh? Proprio non vuoi capire che erano amanti...”
Nuovamente lui le fu sopra “NON-E'-VERO” urlò carico d'odio.
“Lo erano eccome invece, e lei doveva essere proprio in gamba a letto se lui, a distanza di anni, a stento si lascia toccare da altre donne. Lo conosci no? E sai bene com'è con le donne...”
“Vuoi proprio morire stanotte...” mormorò afferrandola per i capelli mentre l'altra mano di nuovo le prese la gola, ma questa volta senza stringere. Cosette però non riuscì a trattenere un gridolino di dolore, ma sorrise, sorrise anche se lui le stava facendo visibilmente male.
“e' te che voglio, e se non posso andrò a consolarmi con tuo fratello...” soffiò con un filo di voce.
“Non andrai... ti ha respinta una volta, lo farà ancora...”
“Oh, vorresti davvero che lo facesse eh? Ma sai bene che prima o poi lui... lui deve averle tutte, è fatto così no?”
“Tu no, non andrai, non ti avrà...” la presa di lui s'allentò.
“E se mi avesse già avuta?” lo provocò
“Allora stanotte avrai ben chiara, ancora una volta, la differenza che c'è tra me e lui...”
“Non mi pare tu stia facendo molto per mostrarmela, questa differenza...” fece per alzarsi ma il bacio di Yvel la bloccò prima che lei potesse fare alcunchè. Soddisfatta, si lasciò placidamente travolgere dagli attacchi di passione rabbiosa e fremente di lui che, tutt'altro che contento, la prese con foga e senza riguardo. Non era amore quello di Yvel ovviamente, ma a lei andava bene lo stesso.
E così Cosette riuscì nel suo perfido e alquanto strano intento. Sapeva benissimo come muoversi con Yvel, sapeva esattamente come prenderlo, come farlo suo. L'unico modo per far sì che lui si lasciasse andare e si desse a lei senza remore, era quello di farlo prima arrabbiare, portandolo quasi al limite, e poi ingelosire, una tattica che aveva sperimentato anche con Alexis e che invece si rivelò tutt'altro che fruttuosa poiché quest'ultimo, senza troppe cerimonie, l'aveva buttata fuori della porta. Letteralmente.
Yvel e Alexis due fratelli fisicamente molto diversi e diametralmente opposti come carattere. Impulsivo e iroso il primo, freddo e distaccato il secondo. Stesso padre, madri differenti. Generosa e di buon cuore quella di Yvel, superba e calcolatrice quella di Alexis. Entrambi avevano preso buona parte di sé stessi dalle rispettive madri, sia nell'aspetto sia nel modo di porsi. Del padre invece avevano preso solo gli occhi chiari, profondi e seducenti. La discendenza magica era propria di tutti e due, da secoli, sia da parte di madre sia da parte di padre. L'essere Mangiamorte, poi, si radicò in loro per motivi, ancora una volta, diversi. Quello che invece provocò in loro un profondo cambiamento, fu una causa comune, e si manifestò migliorandone uno e peggiorando radicalmente l'altro. Se Yvel, infatti, era divenuto un Mangiamorte lo doveva esclusivamente alle tristi vicessitudini della sua infanzia e successivamente della sua adoloscenza. Gli avvenimenti crudeli che si erano susseguiti negli anni, l'avevano man mano trascinato in un baratro di disperazione e solitudine, trasformando lentamente un uomo buono in un essere vuoto guidato solo da sentimenti d'odio e di rancore, un uomo rabbioso, assetato di vendetta e in costante lotta col mondo. Alexis, pur essendo anche lui totalmente privo e incapace di sentimenti positivi, era di tutt'altra pasta, o comunque mostrava il suo disgusto per gli esseri umani in modo differente, meno impetuoso e più sottile. Aristocratico di nascita, aveva sempre vissuto negli agi e nelle ricchezze, non aveva mai faticato e, in un modo o nell'altro, aveva sempre ottenuto ciò che voleva. Vanesio, capriccioso, altezzoso e incredibilmente arrogante, si è sempre ritenuto un gradino sopra gli altri comportandosi spesso male, usando la gente per i suoi scopi e infischiandosene completamente della sensibilità altrui. Alexis quindi Mangiamorte lui lo divenne più che altro per sfizio, per la semplice senzazione di potere e superiorità che la cosa suscitava in quelli che lui riteneva inferiori e per l'ebbrezza che gli procurava uccidere chi lo intralciava o chi semplicemente non gradiva. Yvel al contrario non nacque da una ricca ereditiera bulgara, ma da una donna francese d'umilissime origini e crebbe in un piccolo villaggio, di quelli all'antica dove la gente è bigotta e pettegola, dove le leggende e le credenze popolari hanno sempre la meglio sul buonsenso, dove se sei diverso sei malvisto, e se sei impopolare autimanticamente divieni la causa di ogni male possibile. E così fu per lui e per sua madre che pagò con la vita la sua eccessiva prodigalità verso il prossimo ignorante e ingrato. Ma fu la morte di Elinor a dare a Yvel il colpo di grazia e a segnare definifinitivamente il suo inadirimento interiore. E la stessa cosa accadde ad Alexis; se nel fratello però l'animo subì un declino così netto da estremizzarne gli impulsi e gli scatti d'ira, in lui mutò drasticamente, rendendolo del tutto impassibile, indifferente e insensibile, più introiverso e decisamente meno incline di Yvel a farsi dominare dalle emozioni. Ed è proprio in questo che consiste la loro diversità: puro istinto Yvel, completamente razionale Alexis.
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4 commenti:
Yvel non è il mio preferito, ma devo ammettere che è "troppo forte" XD p.s. Alexis nel cuore!
In effetti Yvel è molto particolare... andando più avanti si scoprirà meglio il suo carattere. E' un pò pazzo a dirla tutta!
guarda, non lo avevo notato XD
Vabbè, ma ha i suoi motivi! Chiunque sarebbe impazzito con i trascorsi simili ai suoi!
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