venerdì 7 gennaio 2011




CAPITOLO VI

Alexis varcò la soglia del locale con passo deciso e sicuro, l’interno era scuro e fumoso e odorava di legno, sudore stantio e birra. Si abbassò il cappuccio del mantello, la lunga treccia bionda faceva capolino da dietro le sue spalle, se la sistemò con un gesto rapido e, lasciando che gli ondeggiasse mollemente lungo la schiena, si guardo subito intorno in cerca dell’uomo   con cui aveva appuntamento. Sulle prime non lo vide a causa del velo caliginoso che aleggiava tutt’intorno, poi però, seduto proprio in fondo, dove la luce tenue delle candele quasi non arrivava, s’avvide di una figura ammantata di nero, con un copricapo del medesimo colore calato in testa. Essendo al chiuso, un uomo col volto semi nascosto da un cappello a tesa larga saltava piuttosto all’occhio, ragion per cui dedusse subito che dovesse trattarsi proprio del suo informatore. Se quello era il suo modo di passare inosservato, aveva ottenuto esattamente l’effetto contrario. Era forse quello che, tra gli altri, spiccava di più.
- Usciamo di qui – l’intimò raggiungendolo. Non si era né seduto né presentato, né tanto meno aveva chiesto conferma della sua intuizione. Ne era semplicemente sicuro e poiché temeva che se si fossero messi a conversare al tavolo sarebbero sorti problemi, optò per un approccio molto rapido e diretto. 
– Muoviti – aggiunse poi vedendo che l'altro lo ignorava.
L’ometto, basso e tarchiato alzò la testa – E se non lo facessi? – replicò con una vocina sottile, nasale e irritante - Stò aspettando un amico sai? Un amico pagante –
- Ti pago a suon di calci nelle terga se non le alzi immediatamente da quella sedia – ribattè l’altro a denti stretti, il tono freddo e tagliente come una lama affilata.
Il piccolo uomo balzò in piedi spaventato – Siete voi! – esclamò gli occhi sgranati per lo sgomento – Non lo sapevo, non vi ho riconosciuto –
- Tutto il locale invece sa chi siete voi... – rispose soppesandolo da capo a piedi, un sopracciglio inarcato a sottolineare l’ironia di cui era carica la sua affermazione. 
Senza capire le parole di Alexis, l’ometto si gettò letteralmente ai suoi piedi. La paura di non venir davvero pagato e di esser preso a calci aveva preso il sopravvento – Perdonatemi, perdonatemi – lo supplicò allungando le mani per toccarlo, ma il mangiamorte si tirò da parte con destrezza e questi, mancatogli d'improvviso l’appoggio, cadde lungo disteso sul pavimento. Nel vedere la scena del piccoletto rantolante al suolo come uno bacarozzo agonizzante, Alexis sospirò e alzò gli occhi al cielo – Farai bene ad avere informazioni buone, altrimenti giuro che ti schiaccio come l’insetto ignobile che sei – disse dall’alto al basso – E ora muoviti, e fallo davvero, sto perdendo la pazienza –
- Si mio signore, si si – mugugnò l’altro rialzandosi. Barcollando si diresse verso la porta sul retro, afferrò la maniglia con le manine sudicie e grassocce, e l’aprì. Alexis, dietro di lui, con sul volto un espressione di visibile disgusto, lo seguì.
- Dimmi quello che sai – gli ordinò senza troppi preamboli – Chi voleva uccidere Ethan Lockwood? -
- Un certo Marchard, Signore – rispose questi senza indugio e le pupille di Alexis si dilatarono leggermente all’udire il nome del fratello. Avrebbe dovuto immaginarlo dopotutto, che dietro a quello scellerato attacco c’era lui.
- Lo conoscete mio Signore? – domandò l’ometto che dalla reazione dell’altro, seppur velata, sperava di ricavarne una nuova fonte di informazioni.
- No – il biondo Mangiamorte fu rapido e conciso, aveva ben inteso le intenzioni dell’omino, ed evitò accuratamente di aggiungere anche una sola sillaba in più – Dove posso trovare questo…  Marchard? – chiese infine facendo finta di nulla.
- Non lo so Signore. Pare sia sparito nel nulla - disse tutto d’un fiato, il naso adunco puntato in sù, verso Alexis, che invece si limitò ad annuire pensieroso, il volto rivolto in tutt’altra direzione. 
- Sa, lo stavo cercando anche io in verità… - aggiunse poi l’ometto con fare falsamente disinvolto.
- Ma davvero? - Alexis si girò verso l’informatore con rinnovato interesse – E cosa ti spinge a cercare un assassino? – chiese quindi, gli occhi animati da una strana e nuova scintilla.
- Oh, non credo sia lo stesso vostro, Signore – si giustificò spalancando i piccoli occhietti acquosi – Sa, quel Marchard mi deve dei soldi… -
- Dei soldi? – l’uomo, sul momento, rimase sorpreso, non era da Yvel avere dei debiti. Ma si trattò solo di pochi istanti perché la deduzione logica dell’accaduto non tardò ad arrivare – Tu! – esclamò d’improvviso - Sei stato tu a indirizzare Lockwood verso la trappola –
- Si, sono stato proprio io – confermò strofinandosi compiaciuto le piccole mani ossute.
- Furitum! – sibilò sferzando nell’aria la bacchetta come fosse una frusta, e l’informatore, da uomo qual era, d’un tratto, si tramutò in furetto. La bestiola, terrorizzata, saltò su se stessa, si contorse due o tre volte per poi imboccare il vicolo laterale fuggendo via in preda al panico. 
- Così non potrai più far danni – concluse Alexis rinfoderando la bacchetta e ritornando dentro il locale.
Una volta all’interno, il Mangiamorte prese posto al bancone e ordinò qualcosa di forte da bere.  Quasi subito, una donna appariscente e poco vestita gli venne vicino, ma lui, che non era venuto al locale per divertirsi, la scacciò via senza troppe riserve.
- Non stasera – le disse facendole segno di andarsene. Il barista intanto gli aveva allungato il bicchiere di whiskey che aveva richiesto, e nel rigirarsi il liquido ambrato tra le mani, Alexis tornò ad immergersi nei suoi pensieri. Quello che aveva saputo cambiava tutto. Spiegava l’assenza tanto prolungata del fratello da casa ma non come mai avesse agito in modo tanto assurdo e sconsiderato. Si domandò cosa Yvel avrebbe potuto ottenere uccidendo Ethan... forse voleva Chantal... no, si rispose, perché in questo caso si sarebbe già mosso senza perdere tempo ulteriore, senza dar modo al rivale di riprendersi dall'attacco... no, se era ferito! Se così fosse stato, infatti, avrebbe dovuto curarsi e aspettare un po’ di tempo prima di agire. Ma nemmeno questo aveva senso in realtà... perché per quanto Ethan rappresentasse un fastidio per l'Oscuro Signore, nessuno dei Mangiamorte aveva ricevuto l'ordine di eliminarlo, ne tantomeno gli era stato detto di mirare alla donna. E allora perché? Perchè attirarlo al limitare della città e attaccarlo? Con quale scopo? Ma soprattutto, e questa era la cosa che lo preoccupava di più, perché suo fratello stava agendo in modo completamente indipendente?
In quel mentre, accanto a lui avevano preso posto due uomini che avevano intrapreso tra loro una fitta conversazione. Volenti o nolenti, le chiacchiere concitate dei due nuovi avventori arrivarono alle orecchie di Alexis che, per quanto cercasse di non prestare attenzione e di rimanere concentrato nei propri pensieri, si ritrovò involontariamente ad ascoltare.
- Hai sentito dei Whittaker? – domandò il primo uomo visibilmente agitato. I radi capelli bianchi gli stavano ritti sul capo come spilli trasparenti lasciando intravedere ampie porzioni di cuoio capelluto roseo solcato, a sua volta, da migliaia di minuscole goccioline di sudore. Si passò distrattamente una mano sulla testa e le goccioline sparirono lasciando il posto a una distesa di pelle lucida e arrossata dal calore.
- No. Li hanno forse incarcerati entrambi questa volta? – chiese il secondo sporgendosi avanti per sentire meglio. Era più alto del compagno e apparentemente sembrava molto più giovane, ma il tono di voce, arrochito da anni di fumo, e le rughe profonde, che gli attraversavano simmetricamente il viso da parte a parte, tradivano la sua vera età. I capelli erano rossi, scompigliati e sporchi.
- La moglie di Aaron è sparita nel nulla - spiegò lesto l'uomo canuto tralasciando volontariamente l'accenno dell'altro - Lui è uscito per una battuta di caccia, è rimasto fuori di casa due giorni, e quando è tornato lei non c'era più -
- Non è sua moglie - lo corresse subito il rosso - Non sono sposati - 
- Vivono insieme però, questo fa di loro una coppia - replicò asciutto l'altro.
- Non sono sposati, quella donna non è sua moglie - insisté il secondo con decisione - Forse l'hanno arrestata di nuovo - suggerì poi socchiudendo un poco gli occhi.
- No, è semplicemente sparita - incalzò il primo, sottolineando la gravità della cosa con un gesto secco della mano - Non l'hanno arrestata, l'avrei saputo, lavoro da quelle parti, io! -
- E allora se ne sarà andata via, dopotutto non erano sposati - tagliò corto l'altro, ribadendo ancora una volta la sua opinione secondo la quale non essendo legati da vincolo matrimoniale, i due potevano agire come meglio credevano, andandosene anche, se lo ritenevano opportuno. Ma l'amico non era d'accordo e dopo aver disquisito a lungo su chi di loro avesse o meno ragione, conclusero che se la ragazza non era scappata forse era stata rapita, o forse, dati i precedenti, era stata nuovamente arrestata.
Per Alexis comunque fu sufficiente ascoltare poche frasi per avere chiara la situazione. All'udire il nome dei Whittaker infatti, si ricordò di un fatto accaduto durante la serata al Teatro dell'Opera al quale, sul momento, aveva dato scarsa importanza ma che, alla luce dei fatti, forse aveva una rilevanza cruciale. Nel farsi strada verso i palchi con la sua dama, aveva scorto involontariamente suo fratello fissare con insistenza e in modo totalmente inopportuno una donna, una donna che apparteneva ad un altro uomo. Nonostante quel particolare atteggiamento di Yvel gli avesse fatto presagire problemi incipienti, Alexis preferì voltarsi dall'altra parte e far finta di niente. Ma quando la medesima donna, insieme ad altre, venne presa ed imprigionata per ordine dell'Oscuro Signore sotto gli occhi impotenti di quello che doveva essere il marito, Alexis aveva erroneamente desunto che lo strano comportamento tenuto da suo fratello nei confronti della ragazza, fosse legato all'arresto che sarebbe dovuto avvenire di lì a poco e nient'altro. Si sbagliava. E avrebbe fatto meglio, probabilmente, a intervenire quando ne aveva avuto l'opportunità. Adesso avrebbe dovuto porre rimedio al caos che Yvel, ancora una volta, aveva creato, e davvero non ne aveva voglia.
Così, pur non volendo, Alexis si costrinse ad alzarsi e, dopo aver pagato per quanto aveva consumato, imboccò la porta ed uscì. L'aria fresca della notte gli diede immediatamente una vigorosa sferzata di energia cancellando, almeno per il momento, il torpore che l'alcol e l'ambiente caldo gli avevano procurato. Mosse qualche passo verso una direzione imprecisata, indeciso su come avrebbe dovuto agire per scovare il fratello e sistemare le cose nel modo più discreto possibile quando, nel vedere un insetto agitarsi in una pozza d'acqua, ebbe un'intuizione improvvisa: sapeva dove si trovava Yvel.  


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