domenica 4 luglio 2010

 CAPITOLO IV


La donna stava riordinando il salotto, metteva a posto i libri e sprimacciava accuratamente i cuscini prima di risistemarli su poltrone e divani, quando, improvvisamente, bussarono alla porta. Tre colpi secchi, poi altri due in rapida sequenza. Morgana rimase immobile davanti alla soglia, indecisa se aprire o meno, ormai ogni pericolo era scampato ma era sola quella notte e se la persona al di là dell’uscio avesse avuto cattive intenzioni lei non avrebbe saputo come difendersi. Si appoggiò al battente e senza scostarlo chiese con voce ferma e decisa chi vi fosse dall’altra parte.
- Sono io – rispose una voce ansante al di là del legno spesso della porta – Sono Marchard –
Morgana attese qualche secondo con le mani premute in grembo. Conosceva l’uomo ma non era certa che farlo entrare sarebbe stata una buona idea. Le aveva risparmiato e in seguito salvato la vita, era vero, ma se ora fosse tornato ad essere malvagio e avesse deciso di portare a compimento ciò che non aveva fatto prima? Questo pensiero l’assalì e una morsa gelata le serrò lo stomaco bloccandola sul posto come fosse pietrificata.
La voce al di là della porta si era ridotta a un flebile sussurro, la donna tese l’orecchio ma le giunsero solo dei suoni indistinti. Seguì un tonfo sordo, come se qualcosa vi fosse caduto contro, e poi più nulla. Morgana si fece coraggio, deglutì il groppo che aveva in gola e scostò appena l’uscio, quel poco che bastava a permetterle di sbirciare oltre il battente. E quando vide l’uomo accasciato sulla soglia, ferito e privo di sensi, trasalì.
- Mr. Marchard… - lo chiamò piano chinandosi su di lui – Yvel, cosa vi è capitato? –
Lui non diede segno d’averla udita e rimase immobile ai suoi piedi. Morgana sospirò, si guardò intorno, poi si rimboccò le maniche e afferrato l’uomo, lo trascinò all’interno dell’abitazione. Non essendo molto forte ebbe difficoltà a sollevarlo e a metterlo sul canapè di fronte al camino, ma non demorse, e dopo svariati tentativi riuscì ad issarlo sopra il divanetto. Lo coprì alla bene meglio con il suo scialle di lana e dopo aver riempito una bacinella d’acqua fredda, gli deterse pian piano il volto sporco di fango e madido di sudore.  
La donna rimase a vegliarlo fino all’alba, gli curò le ferite con impacchi di aloe, calendula e agrimonia e poi lo fasciò accuratamente. Infine si sedette accanto a lui, un piccolo giaciglio ricavato gettando a terra un paio dei cuscini più grossi, in attesa che riprendesse conoscenza. Era decisa a rimanere sveglia, in modo da potergli essere accanto quando questi si fosse ripreso, ma la stanchezza era troppa e il sonno prese rapidamente il sopravvento sulla sua tenacia. Morgana s’addormentò accovacciata a terra, con il capo chino, appoggiato alle lunghe gambe dell’uomo e le braccia strette intorno al volto.
Quando il primo raggio di sole fece capolino nella stanza facendosi strada tra gli eleganti drappeggi di velluto cremisi, Yvel, finalmente si svegliò. Mosse piano la testa e la girò da una parte all’altra tentando di ricordarsi dove fosse e cosa fosse successo ma, nel farlo, il sole del primo mattino si posò dritto sui suoi occhi e lui fu costretto a strizzarli più volte perché l’improvvisa luce accecante del giorno gli procurò mille scintille di dolore pulsante dietro alle palpebre chiuse. Emise un grugnito di protesta e, con uno scatto, si tirò su a sedere e fu solo allora che s’avvide della donna che dormiva raggomitolata al suo capezzale. Riconobbe Morgana nella minuta figura femminile ai suoi piedi e studiandosi braccia e il torace s’accorse inoltre di esser stato curato e lavato. La cosa gli fece un effetto davvero strano; lei, nonostante tutto, lo aveva accolto, accudito e vegliato. A quel pensiero un nodo invisibile si legò strettamente attorno al suo stomaco, mentre il desiderio di toccarla lo sopraffece. Allungò una mano verso la testa della ragazza e le accarezzò con delicatezza i morbidi riccioli biondi. A quel contatto però, Morgana si mosse, inspirò a fondo e si svegliò a sua volta. Yvel ricacciò indietro la mano quasi si fosse ustionato e la donna, allarmata, s’alzò in piedi.
- Non avevo intenzione di farvi del male – rispose prontamente lui – Dormivate, devo avervi urtata per errore, non vi avevo notata… lì in basso… - mentì distogliendo appena lo sguardo.
- Mr Marchard, perdonatemi, mi sono appisolata mentre avrei dovuto restare sveglia accanto a voi -
L’uomo, sbigottito, sgranò gli occhi. Quella era l’ultima cosa che avrebbe mai immaginato di sentire.
- Morgana, vi siete presa cura di me, e questo è già molto – tagliò corto Yvel alzandosi - Vi ho arrecato abbastanza disturbo –
- Yvel siete ferito… - la donna si avvicinò a lui e lo trattenne prendendolo per mano. L’uomo socchiuse gli occhi, il tepore della pelle di lei gli procurò un brivido lungo la schiena. Si era ripromesso di non avvicinarsi a lei in nessun modo, eppure la notte precedente, quando credeva di non avere più molto da vivere, si era recato da lei per vederla un ultima volta, per morire con il volto di lei impresso negli occhi. Raven si era sbagliato dopotutto, il suo cuore non era affatto arido, era tornato ad amare. Tuttavia però si era innamorato della donna sbagliata per l’ennesima volta. Morgana apparteneva ad un altro, non poteva o non voleva ricambiare i suoi sentimenti. Sorrise tra sé, quella era una circostanza che aveva già vissuto. Con Elinor era accaduta la medesima cosa, fu amore non corrisposto anche in quel caso. Ma lui a quel tempo aveva gestito male la la situazione, non aveva capito e aveva preteso. Inoltre il rivale di allora era suo fratello e questo era bastato a non farlo ragionare correttamente. E poi Alexis l’aveva uccisa, in un modo o nell’altro, anche se materialmente non l’aveva spinta giù dalla finestra della sua stanza, lui aveva comunque contribuito in modo sostanziale alla morte della donna che aveva amato più di sé stesso. Ed ora Morgana. Gli bastò vederla una sola volta per perdere completamente la testa. E non fu tanto l’avvenenza fisica, evidente e prepotente, a colpirlo, ma il modo che lei aveva di porsi. Gli teneva testa, era forte e gli rispondeva a tono, oltraggiandolo e ferendolo anche. E poi aveva quello sguardo, così feroce e intenso, così puro e limpido. Un poco gli ricordava la sua Elinor, avevano gli occhi dello steso colore e anche il modo di arricciare le labbra quando era arrabbiata ero lo stesso. Dio, quanto avrebbe voluto girarsi e prenderla tra le braccia, ignorare il suo compagno e baciarla, finchè non gli fosse finito il fiato in gola. Ma non poteva, l’aveva promesso, l’aveva giurato.
- Lui sa che sono qui? – domandò infine, con voce strozzata.
- Lui non c’è – rispose lei piano – Potete restare, non vi è nulla di male nel prestare soccorso ad un uomo ferito che è venuto a chiedermi aiuto in virtù delle mie qualità di guaritrice - aggiunse poi lasciandogli la mano.
- Se dovesse tornare trovandomi qui, accanto a voi, mi ucciderebbe – replicò cercando di convincere più sè  stesso che la donna - O io ucciderei lui… - aggiunse in un sussurrò impercettibile che Morgana non udì.
- Non posso lasciarvi andare – osservò lei critica – Le vostre ferite non sono rimarginate, perdete ancora sangue, vedete? – aggiunse toccandogli la schiena – Se mio marito dovesse tornare e trovarvi qui, nella sua magione, sono sicura che comprenderà la gravità della situazione e i motivi per i quali vi ho fatto rimanere –
- Non capirà Morgana. Nonostante io vi abbia salvato e reso nuovamente a lui durante la sommossa, non mi perdona d’avervi portata via in precedenza e sottoposta a quelle torture di cui ancora portate i segni sulla vostra pelle –
- Nemmeno io vi perdono se è per questo – fu la risposta, secca e tagliente come una stilettata in pieno stomaco. Yvel si voltò verso di lei e incontrò quello sguardo di ardente furore che tanto amava. Non c’era compassione in quei grandi occhi verdi, ma solo rabbia e disappunto.
- Ma… mi avete curato… salvato… - balbettò l’uomo a corto di parole per l’imbarazzo.
- Solo per rendervi il favore – disse lei sbrigativa – Se vi avessi lasciato morire agonizzante sulla soglia di casa non me lo sarei mai perdonata –
- Morgana… - sussurrò Yvel guardandola negli occhi – Pensate davvero quello che mi avete appena detto? –
Era scioccato, non poteva credere alle sue orecchie. Eppure non vi era ragione per dubitare della sincerità della donna. Come aveva solo potuto lontanamente sperare che lei potesse provare qualcosa per lui, non amore ovviamente, ma anche solo semplice affetto? Dopo tutto quello che lui le aveva fatto passare, dopo quello che le aveva detto quando l’aveva tenuta legata mani e piedi in quella cella buia? Dopo gli incantesimi che le aveva lanciato e il male che le aveva fatto provare? Ma quando lei lo guardò con gli occhi asciutti e colmi d’odio, lui vacillò e tutto quello in cui aveva creduto fino ad allora andò in pezzi, come uno specchio cui fosse stato lanciato un sasso in pieno centro. Gli chiese di ucciderla, di farla finita, perché anche se le avesse lacerato le carni fino a ridurla un mucchio d’ossa, lei non avrebbe ceduto, non avrebbe pianto né avrebbe chiesto pietà. E non lo supplicò, glielo ordinò. Sempre con quello sguardo freddo e al contempo fiammeggiante e carico di violento furore. Fu quella sua natura impetuosa e passionale a farlo innamorare di lei, quel suo repentino passare dal gelido distacco al trasporto più dirompente a fargli perdere la testa. E la perse al punto che la liberò, in quella notte di maledetta follia, la prese e la portò via. Ma per quanto lo desiderasse non potè tenerla con sé, ma la riconsegnò all’altro uomo, a quello cui lei era stata destinata.
- Lo penso – rispose lei infine – Ma ciò non toglie che vi sono anche riconoscente per ciò che avete fatto dopo. Quello che non riesco a capire invece – aggiunse un po’ titubante – E perché lo avete fatto… -
Yvel, nuovamente rimase senza parole. Se avesse detto la verità si sarebbe messo a nudo e sarebbe stato costretto a rivelarle quello che provava per lei. Se invece avesse mentito, cosa sarebbe successo? Lei se ne sarebbe accorta? Attanagliato dal dubbio e lacerato dalla paura di allontanarla ulteriormente, optò per raccontarle una mezza verità solamente.
- Mi sono reso conto – disse piano – che stavo sbagliando. Non so bene come successe, ma la sofferenza che vidi attraversare i vostri occhi mi permise di fare luce nell’oscurità che da troppo tempo aveva albergato dentro di me –
- Yvel… voi non siete un uomo cattivo, perché mi avete strappata al mio uomo? Perché mi avete consegnata ai vostri compagni? Perché avete lasciato che mi torturassero e perché lo avete fatto voi stesso? – domandò la donna tutto d’un fiato.
Il Mangiamorte rimase in silenzio per l’ennesima volta. Cosa avrebbe dovuto rispondere adesso? Che aveva agito in preda alla gelosia? Che l’impulso di fare quel che poi realmente fece fu dettato solo ed esclusivamente dal risentimento e dal desiderio di rivalsa? Si, forse avrebbe dovuto ammetterlo, dirle chiaramente come stavano le cose… ma se la sentiva davvero di fare un simile passo?
- Morgana – iniziò lui in tono sommesso – Non è come dite, credetemi, ho commesso delitti riprovevoli, di cui mi vergogno, certo, ma che in ogni caso non mi rendono un uomo d’animo buono –
- Il semplice fatto di provare vergogna per le cose commesse, Yvel, vi rende migliore di quanto crediate  - replicò lei pacatamente, le mani giunte in grembo – Vi siete pentito di quello che mi avete fatto dunque? – chiese poi in un soffio.
L’uomo arretrò di un passo. A ogni domanda lei riusciva a metterlo in difficoltà. Di nuovo non sapeva cosa dire. Voleva forse che si svelasse? Lo stava punzecchiando apposta? Aveva capito, quindi, quello che lui realmente sentiva per lei? Tirò un profondo respirò e tentò, sebbene l’imbarazzo lo mettesse in seria difficoltà, ad articolare una risposta sensata.
- Ovvio che mi sono pentito – annuì – Il vostro sguardo… mi bastò guardare i vostri occhi per capire che stavo commettendo la più grossa sciocchezza mai fatta –
- Il mio sguardo? – ripetè la donna stupita – Cosa avrete mai visto nei miei occhi da indurvi a cambiare proposito tanto nettamente? –
Yvel emise un sospiro. Un’altra domanda insormontabile. Ancora.
- Sofferenza… martirio… dolore… ho visto questo nei vostri occhi. E, nonostante tutto, non avete mai pianto… –
- Lo avrete visto anche negli occhi di altre vittime – lo interruppe Morgana fissandolo attentamente – Non capisco cosa possa esserci stato di diverso… -
- Non fatemi altre domande – Yvel aveva alzato appena la voce, il tono reso acuto dalla frustrazione e dalla angoscia che il tenersi tutto per sé gli procurava – Per favore – aggiunse poi più conciliante.
La donna lo soppesò per qualche istante, c’era qualcosa di fortemente sbagliato, qualcosa che non era come doveva essere e l’atteggiamento che lui stava tenendo la irritava. Era tranquillo ma svicolava ogni cosa lei gli chiedesse, in qualche modo riusciva a dargli risposte insoddisfacenti e incomplete. Voleva capire, aveva diritto di sapere perché si era comportato a quel modo, perché l’avesse rapita e quasi uccisa per poi salvarla all’ultimo momento riportandola dal suo compagno.
- Io devo sapere – continuò lei rendendosi conto che non poteva tacere – Mi spiace se ciò che vi chiedo vi arreca fastidio, ma io devo sapere, Signor Marchard, se posso fidarmi di voi –
- Cosa intendete dire? – domandò stupefatto – Ora come ora non potrei farvi alcun male… -
- Non intendevo questo Yvel – disse lei addolcendo lo sguardo – Nei vostri occhi non c’è più quell’ombra scura che tanto mi terrorizzò a suo tempo, quando vi incontrai per la prima volta in quel negozio nel centro della città –
L’uomo arrossì, preso in contropiede. Poteva controllare i suoi gesti, il suo viso, ogni singolo muscolo, ma non i suoi occhi che erano lo specchio indissolubile e veritiero dei suoi sentimenti e delle sue reali emozioni. Non rispose tuttavia, ma rimase in silenzio, in attesa che lei aggiungesse altro. E si voltò per nascondere il violento rossore che gli imporporava le gote.
- Voi siete buono, e proprio in virtù di questo io non riesco a capacitarmi di ciò che avete fatto – spiegò – A me, ad altre persone… perché? Perché, se siete come io credo, avete agito in modo tanto brutale e sconsiderato? –
- Cosa volete che vi dica che già non vi ho detto? – domandò lui visibilemente scocciato.
- La verità Yvel – disse lei con calma – Perché non c’è spiegazione alcuna se non la pazzia latente –
- Non sono pazzo – sibilò girandosi di nuovo verso di lei – Non sono pazzo! – ribadì, il tono di voce alterato.
- E cosa devo credere allora Mr Marchard? Che vi avessero costretto? Ricattato? –
- No – rispose tagliando corto – Ho agito di mia spontanea volontà –
La donna socchiuse gli occhi, stanca e indispettita dalle continue mezze risposte che lui le dava. Ma questa volta non pose nessuna nuova domanda, si limitò a restare di fronte a lui, impassibile, gli occhi di nuovo aperti, grandi e verdi. Yvel la guardò a lungo, interdetto e indeciso su cosa dire.
- Tutto ciò che ho fatto, tutti i delitti che ho commesso, sono stati dettati dalla sete di vendetta – le disse infine, convintosi che forse, a quel punto, era diventato necessario sbottonarsi un poco – Sono diventato un Mangiamorte soprattutto in base a questo –
Morgana non proferì parola ma si limitò a fissarlo, nel volto il muto assenso a continuare.
- Mia madre morì quando avevo solo otto anni… fu uccisa sotto i miei occhi e spirò tra le mie braccia… -
- Oh mio Dio – esclamò la donna istintivamente – Sarà stato… voglio dire… io non… -
- Non dovete scusarvi – l’interruppe lui, sorrise ma i suoi occhi erano spenti. Rievocare certi ricordi gli procurava sempre una fitta al cuore - Non è una storia che amo raccontare sovente –
Morgana annuì, seppur con un certo disagio, e lo invitò a proseguire.
- Mia madre era una donna molto buona. Troppo. Aveva il dono della premonizione, e data la sua indole pura e gentile, l’usava per lo più per aiutare il prossimo. Ma la gente aveva paura di lei, le persone ignoranti e bigotte la temevano e l’additavano – spiegò – Lei però non se ne curava e nonostante tutto, li aiutava lo stesso –
- Yvel… - la fanciulla, intenerita, si era avvicinata all’uomo e gli aveva poggiato una mano sul braccio sperando che quel piccolo gesto gli desse conforto e l’incoraggiasse a continuare il suo racconto. Il contatto con la pelle calda di lei lo fece rabbrividire, sobbalzò appena, e dovette seriamente lottare con sé stesso per non allungare a sua volta la mano, afferrarla e stringerla. Si schiarì appena la voce e allontanandosi di qualche passo da lei riprese a parlare.
- Un giorno, un maledettissimo giorno – sottolineò – Mia madre ebbe la visione della morte per annegamento di tre bambini. Andò subito ad informarne i genitori in modo che potessero proteggerli e salvarli, questi però non le credettero. Anzi, le diedero della matta, la beffeggiarono e dileggiarono costringendola a fuggire – si interruppe, le labbra che tremavano a causa dell’intensità ricordo – Quando i corpi dei tre ragazzi vennero davvero trovati sulle rive del fiume la gente si convinse che ad ucciderli fosse stata lei. Avrebbe dovuto scappare, andarsene ma poiché era innocente decise di fronteggiarli a testa alta, ma la folla inferocita, anziché ascoltarla, la lapidò… sotto i miei occhi… e io, io non potei fare nulla. Tentai di proteggerla ma lei mi fece scudo con il suo corpo impedendomi in ogni modo di intervenire. Ma giurai vendetta contro quelle persone egoiste e stupide! Appena avessi potuto li avrei uccisi, uno ad uno… -
- Che razza di bestie! Prendere a sassate una madre e suo figlio! Non ci sono scusanti, nemmeno la supposizione di un presunto omicidio – commentò infine Morgana inorridita - Yvel, tu non hai nessuna colpa di quanto accaduto, lei ha agito come ogni madre avrebbe fatto. Ha protetto il suo bambino, sacrificando se stessa –
- Ma se ci fosse stato mio padre. Lui avrebbe potuto impedirlo –
Insieme ai ricordi era riaffiorata tutta la rabbia sopita. Una lacrima solitaria solcava il volto di Yvel, negli occhi era tornata quell’ombra scura che rendeva il suo sguardo freddo e crudele. Morgana però non si tirò indietro, sapeva che quell’apparizione era fugace e passeggera, dettata solo da un dolore mai mitigato e dalla riapertura di ferite mai cicatrizzate.
- Dov’era tuo padre? – chiese allora cauta provando ad avvicinarsi a lui.
- Con la madre di mio fratello, a spassarsela. Mentre la mia moriva – rispose e, nel nominare Alexis e tutto quello cui la sua figura era legata, una furia incontrollata gli esplose nel petto – Quel maledetto bastardo! Identico a quell’essere abbietto e spregevole che era nostro padre! –
- Perché dite così? Mr. Penko… è un uomo strano, un po’ troppo libertino forse, ma non è cattivo… -
- Non è cattivo? – le fece eco lui furioso, ormai del tutto fuori controllo – Ha ucciso la donna che amavo! Mi ha privato dell’unica cosa buona che era entrata nella mia vita! Capite, adesso, perché sono così? Perché non credo più in niente e ho abbandonato ogni valore? –
- Yvel, io vi comprendo – rispose la donna – Ma ciò che di brutto vi è capitato in passato, non vi legittima a far del male agli altri –
- No eh? – il tono dell’uomo era beffardo ed irritato al contempo. Cercava di mantenere la calma, ma gli stava riuscendo davvero difficile. Dopo tutto però non era con Morgana che avrebbe dovuto sbottare, anche se lei sembrava mettercela tutta per fargli perdere completamente la pazienza – Dei babbani bifolchi e ingrati hanno ucciso mia madre, senza pietà, senza fermarsi a riflettere un istante – aggiunse a denti stretti – Mio fratello, con la sua stupidità, ha tolto la vita ad Elinor, una frazione di secondo e lei non c’era più… ed io… dovrei essere io a trattenermi? –
- E il dare sfogo alla vostra bestialità, per tutti questi anni, vi ha fatto stare meglio? –
- Le prime volte si… - ammise – Poi, no… o meglio… con voi è cessato tutto –
- Perché? Cosa c’entro io? – insistè la donna
L’uomo non rispose, la guardò per qualche secondo poi sospirando fece qualche passo avanti, le passò oltre e le volse le spalle. Non parlò e si diresse verso il caminetto ormai spento e, preso l’attizzatoio, iniziò a rovistare tra le braci ardenti.
- Vi ho fatto una domanda… in realtà, ve l’ho fatta più volte ma voi avete sempre accuratamente evitato di rispondermi… - disse rivolgendosi alla schiena di lui, china sul fuoco. Ma Yvel non le rispose neppure questa volta. Taceva immerso nei suoi pensieri. Arrabbiato, confuso e frustrato non sapeva come affrontare la situazione e, se da un lato desiderava dirle che l’amava più di ogni altra cosa, dall’altro non voleva esporsi per nessun motivo. Lei non avrebbe capito ne tantomeno corrisposto i suoi sentimenti, e suo marito, se avesse saputo, se già non ne era a conoscenza ovviamente, lo avrebbe ucciso.
- Come volete Yvel – riprese infine Morgana – Dal vostro silenzio deduco che forse questa vostra fatidica redenzione è solo una grossa barzelletta. E poiché mi sento presa per i fondelli – aggiunse seccata – gradirei che ve ne andaste, subito -
- Non ho mai detto di essermi redento – puntualizzò lui voltandosi appena, il volto inclinato verso di lei, gli occhi chiari colmi di disperazione – Stanotte ho quasi ucciso Ethan Lockwood è l’ho fatto solo perché non sopportavo che lui, che anche lui, avesse trovato una donna da amare. Ethan, capite? – continuò ridacchiando, ma non c’era allegria nella sua voce, solo tanta, tantissima rabbia - Lui che non dovrebbe neppure posarli gli occhi su una donna dato che con quella sua fottutissima maledizione condanna a morte qualsiasi femmina provi, anche solo lontanamente, a stargli accanto. Ma lui, nonostante tutto se ne infischia. –
- Yvel… - Morgana era rimasta senza parole, immobile dietro di lui.
- Anche quello sconsiderato incosciente è riuscito a trovare uno straccio di donna disposta ad amarlo e a sacrificare tutto per lui, ed io, dannazione, io sono qui come un povero idiota a desiderare e sperare in un vostro sorriso –
La ragazza sgranò gli occhi, ora iniziava a comprendere cosa tormentava Yvel e la cosa la non le piaceva affatto. D’altronde però, era stata lei a portarlo fino a quel punto, a costringerlo ad aprirsi sotto il flusso incessante delle sue domande. Lei voleva capire, ma adesso non era più tanto sicura di voler andare davvero in fondo alla faccenda. Il percorso che aveva intrapreso si stava facendo troppo tortuoso, profondamente addentrato nei meandri oscuri dall’animo e del cuore dell’uomo. Sarebbe riuscita ad uscirne o ne sarebbe rimasta invischiata?  Si morse piano il labbro, indecisa se rispondere o meno all’ultima affermazione del giovane.
- Se è solo un sorriso che vi serve… forse posso accontentarvi… - buttò lì Morgana ridendo, il tono falsamente scherzoso malcelò il reale stato d’animo della donna, che era tutto fuorchè allegro e bendisposto. 
L’altro, che dalla battuta della fanciulla s’era sentito preso in giro e che fu, per lui, l’ultima goccia, gettò a terra l'attizzatoio e abbattè con veemenza i pugni chiusi contro il trave del caminetto – E il vostro cuore che mi serve! E’ il vostro corpo che desidero! Cosa accidenti pensate me ne faccia di un solo sorriso! Io vi amo, maledizione! – gridò, la voce spezzata dall’emozione forte che il rivelare le sue emozioni gli procurava - E’ per questo che vi ho salvata, ho preso coscienza dei miei sentimenti solo quando vi ho vista in fin di vita, e vi ho portata via – aggiunse tutto d’un fiato - Perché ero geloso, dannatamente geloso dell’uomo che vi stava accanto. Volevo avervi solo per me, in qualche modo, solo per me…  –
- Voi non sapete quello che state dicendo – rispose la donna composta e rigida. Non sapeva spiegarselo, ma anche se fosse stato vero, non riusciva ad ammettere che Yvel potesse essersi innamorato di lei. Indubbiamente era un uomo dall’aspetto estremamente gradevole, alto, molto più alto del suo compagno, atletico e ben piazzato. Aveva un viso bello, lineamenti aggraziati e labbra ben proporzionate, un naso sottile e dritto. I capelli scuri, leggermente lunghi, erano pettinati all’indietro e legati in una piccola coda con un laccetto di cuoio. Guardandolo nell’insieme, non poteva negare d’esserne attratta e di trovarlo affascinante e, in certo qual modo, sensuale, ma non poteva, e soprattutto non doveva, cedere al suo corteggiamento. In nessun modo.
- Io vi amo Morgana, vi amo – ripetè il mangiamorte, il tono implorante – Se voi vi deste a me, io vi renderei felice. L’avete detto voi stessa, sono un uomo buono in fondo… -
- Fatela finita e uscite di qui, non ho intenzione di ascoltare altri vaneggiamenti – replicò lei asciutta. Non aveva altra alternativa che mandarlo via.
Yvel si voltò e lei indietreggiò di qualche passo. 
- Vi supplico, ora che vi ho messo in mano il mio cuore, non mi respingete, non potrei sopportarlo. Sono venuto qui convinto di morire e speravo di poter vedere un ultima volta questi vostri splendidi occhi, di portarli con me e legarli nell’anima per sempre. Ma voi mi avete salvato ed ora io non posso più andar via senza sapervi mia –
- Yvel, vi rendete conto che state rivolgendo le vostre attenzioni ad una donna impegnata? Appartengo ad un altro uomo, e questo dovrebbe bastare a dissuadervi – disse più a sé stessa che a lui.
- Io l’ucciderò e vi porterò via con me, adesso – rispose l’altro carico ormai di una furia passionale incontrollabile. I suoi occhi erano lucidi ed era talmente esagitato per quanto provava da non riuscire più a moderarsi.
- Voi siete pazzo – Morgana tentò di indietreggiare ancora ma lui, rapido, l’afferrò per la vita e l’attirò a se, con forza.
- Pazzo. Pazzo di voi, dei vostri occhi – annuì quasi febbricitante mentre affondava una mano nei riccioli dorati di lei – Io vi amo Morgana, non esiste donna come voi, così calda, così indomabile. E io vi voglio, non posso lasciarvi a lui, non posso –
Lei provò slacciarsi dalla presa di lui ma questi la strinse più saldamente a sé, il corpo tornito e muscoloso dell’uno premuto contro quello minuto e formoso dell’altra. L’eccitazione di lui divenne prepotente e lei non potè ignorarla. Tentò ancora di divincolarsi ma per quanto fece non vi riuscì. E forse, in realtà, nemmeno lo voleva più di tanto. Non s’accorse neppure che la lotta che aveva intrapreso contro di lui stava scemando in qualcosa di molto diverso e che da quello che sarebbe successo di lì a poco non sarebbe più tornata indietro.
Yvel, completamente assorbito dal desiderio, le fece scivolare la mano destra dietro il collo mentre con la sinistra la teneva stretta a sé. Le sfiorò le labbra una volta, e poi ancora e ancora. Morgana inizialmente rimase immobile, negli occhi un misto di paura e desiderio represso, ma poi, quando lui tornò alla carica, lei rispose al bacio e questa volta con addosso una passione tale che Yvel si sentì travolgere al punto da perdere completamente il controllo. La donna che amava era tra le sue braccia e ricambiava completamente il suo slancio emotivo. Senza pensarci due volte, l’uomo la sollevò, la prese in braccio, con estrema gentilezza l’adagiò sul divanetto accanto al caminetto, e senza smettere di baciarla, prese posto accanto a lei.
- Yvel… - mormorò lei piano allontanandosi dalla bocca famelica di lui – Non posso… non dovremmo… -
 - Morgana, non temete, vi porterò via – insistè l’altro prendendole le mani tra le sue – Non posso smettere adesso, non posso dopo aver assaporato le vostre labbra, non più ormai –
- Dovete – l’intimò la donna tentando di rialzarsi – Lui sarà qui a momenti e… - ma prima che potesse finire la frase Yvel l’interruppe e, afferratala per un braccio, l’attirò verso di sé, nuovamente. La costrinse a risedersi e a guardarlo negli occhi, le mani appoggiate sul viso di lei.
- Io vi amo – ripetè – e dopo quanto è successo non ho affatto intenzione di rinunciare a voi, per nulla al mondo. E non sarà certo l’uomo che vi ospita in questa casa a fermarmi –
- Quell’uomo è mio marito… - obbiettò lei – Vi ucciderà –
- No, non lo è, non vi ha mai sposata. Vi tiene qui come compagna, ma non è vostro marito – la corresse – E voi non l’amate –
Morgana aprì la bocca per ribattere ma la richiuse subito dopo, conscia della veridicità delle parole che Yvel aveva appena pronunciato. Era vero, non l’amava, altrimenti non sarebbe mai scivolata nelle braccia di un altro.
- Fidatevi di me, e vi giuro che entro questa sera lui sarà solo un ricordo – continuò rinsaldando la presa sul viso di lei – Vi porterò lontano, vi sposerò e vivremo felici –
- Mr Marchard… - la voce di Morgana era quasi inudibile, spezzata dalle lacrime incipienti dietro alle ciglia scure – Sapete bene quanto me che quello che dite è impossibile – la donna tentò nuovamente di sottrarsi alla presa di Yvel, ma lui la trattenne.
- Mi amate? – le chiese lui d’improvviso, gli occhi fissi in quelli di lei, in attesa. Morgana però esitò. Non aveva chiari i suoi sentimenti e, ancora, non era in grado di discernere correttamente se quello che sentiva per lui era realmente amore o solo una semplice attrazione fisica. Tacque quindi non sapendo cosa dire. Ma l’uomo, accanito, esigeva una risposta.
– Rispondetemi – le ingiunse lui guardandola con maggiore intensità – Io devo sapere cosa provate per me Morgana, non potete rimanervene semplicemente in silenzio… -
La donna deglutì, inspirò a fondo e socchiuse gli occhi. Cercò, con quei piccoli gesti di infondersi un poco di coraggio.
- Non lo so – ammise infine – Mi piacete molto, questo non posso negarlo. E forse questo mio interesse verso di voi è nato, inconsciamente, proprio quando vi ho conosciuto… mi affascinate e, credo che se doveste baciarmi di nuovo io… io non sarò in grado di respingervi… -
- Allora non lo fate – disse lui avvicinandosi maggiormente a lei, fronte contro fronte. Mentre la baciava con trasporto, lasciò vagare la mano sull’ampia gonna, senza mai toccarla veramente, per poi risalire piano la curva dei fianchi e, successivamente, quella più rotonda dei seni, candidi e generosi. Raggiunte le spalle, le solleticò la base del collo, e poi giù sulla schiena fino a che le sue dita non trovarono i lacci del corpetto. Ne tirò uno, lentamente, poi l’altro finchè non li allentò quel tanto che bastava a farle scorrere l’indice lungo la spina dorsale. Un brivido incontrollato percorse Morgana da capo a piedi. Iniziò a tremare e Yvel la strinse più forte, le labbra premute contro quelle di lei. Morgana soffocò un gemito e timidamente ricambiò le carezze dell’uomo. Fece scorrere le mani sul petto di lui e quando le dita si fermarono sulle cicatrici che aveva sul fianco e sul collo, sobbalzò.
- Ferite di battaglia – le spiegò in un sussurro – E’ stato mio fratello, anni fa… -
Lei si protese verso di lui, e abbandonata ogni riserva, si chinò sulla cicatrice più alta e la baciò dolcemente. L’altro, in risposta, buttò indietro il capo, e, incapace ormai di controllarsi, sospirò di piacere. L’afferrò poi per le spalle, e, con tutto l’ardore che la situazione aveva acceso in lui, Yvel, la spinse indietro e in un attimo fu sopra di lei.
- Io non… - mormorò la donna ma Lui la zittì prontamente con un ulteriore bacio.
- Se non lo volete, ditemelo, e io mi fermerò – aggiunse poi rassicurandola – In caso contrario, però, sappiate che se deciderete di darvi a me, anima e corpo, sarà per sempre. E non potrete più tornare indietro, né adesso né mai –
Lei lo guardò, occhi negli occhi, restia a dargli subito una risposta, ma le bastò indugiare un secondo di più su quello sguardo ansioso e innamorato per comprendere realmente quello che sarebbe stato giusto fare e dire.
- Non lo farò – rispose lei, sicura per la prima volta delle sue parole e delle sue azioni. Non era solo il compiacimento che la vicinanza di Yvel le procurava a renderla risoluta e salda nelle sue posizioni, ma qualcosa di più profondo, un piccolo fiore nuovo che sbocciava lentamente dentro al suo cuore. Sapeva che quello che lui aveva detto era vero: una volta oltrepassata la sottile linea rossa che la divideva da lui, tutto sarebbe cambiato, definitivamente.

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